Peculato, truffa aggravata, false attestazioni. Indagato Gianfranco Miccichè

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Qualche anno fa erano state decine i deputati e capigruppo all’ARS a finire nell’operazione ‘spese pazze’, in molti poi prosciolti. Adesso è toccato all’ex presidente dell’assemblea regionale siciliana, ex leader di Forza Italia, Gianfranco Miccichè, accusato di peculato, truffa e false attestazioni. Il politico è indagato dai PM di Palermo. La procura gli ha notificato il divieto di dimora a Cefalù. Secondo l’accusa l’ex presidente dell’ARS avrebbe usato l’auto blu di rappresentanza per fini personali, anche per recapitare teglie di pasta a forno. Gli inquirenti accusano anche Gianfranco Miccichè di avere confermato, senza controlli, le missioni di servizio dichiarate da Maurizio Messina, dipendente Ars che gli faceva da autista e che si sarebbero rivelate fasulle. Una truffa che avrebbe portato nelle tasche del dipendente somme non dovute per 10.736 euro. L’inchiesta della procura contesta una trentina di episodi e sostiene che Miccichè avrebbe avuto “una gestione arbitraria e del tutto personalistica dell’autovettura blu”. Secondo il Gip che ha firmato le misure l’ex presidente dell’ARS, rimanendo a casa nella sua residenza di Cefalù avrebbe autorizzato l’autista ad accompagnare la moglie, a consegnare un imprecisato cofanetto; a portare il gatto dal veterinario oppure anche a recuperare il caricabatterie dell’iPad”. Secondo l’accusa ogni viaggio “comportava un impegno dell’autista di Miccichè per almeno quattro ore e quindi con una retribuzione supplementare per l’attività effettuata. Il gip ha inoltre messo in evidenza “l’inefficacia o inesistenza dei controlli spettanti ai vertici amministrativi dell’Assemblea Regionale Siciliana”. Da qui deriverebbe “l’assoluta libertà degli indagati di autodeterminarsi come meglio credevano l’utilizzo dei mezzi messi a loro disposizione e anche l’allontanamento illegittimo dal posto di lavoro”. La Guardia di Finanza, nell’ambito della stessa indagine, ha sequestrato disponibilità finanziaria per 24.000 euro, somma ritenuto profitto dei reati di peculato e truffa aggravata ai danni dell’ARS.