Si trovano al carcere di Pagliarelli l’ex senatore Nino Papania e l’ex vice-sindaco di Alcamo Pasquale Perricone coinvolti nell’operazione ‘Irene’ messa a segno ieri dalla polizia e coordinata dalla DDA di Palermo. Dovranno tenersi entro venerdì gli interrogatori di garanzia cui prenderanno parte i legali dei due indagati eccellenti, l’avvocato Vito Di Graziano, legale dell’ex senatore Papania, e Giuseppe Benenati, difensore dell’imprenditore ed ex assessore Perricone. 258 le pagine dell’ordinanza in cui, quasi tutti gli indagati, citano nelle intercettazioni il fondatore del movimento politico Via. L’ex senatore, almeno secondo quanto contenuto nella stessa ordinanza, spunta un paio di volte in prima persona. Quando la sua autovettura viene inquadrata dalle telecamere degli investigatori, il 4 settembre del 2022, mentre arriva davanti casa di Giosuè Di Gregorio, pluripregiudicato e anche lui finito adesso in carcere. Dal mezzo scende Pasquale Perricone, citofona e aspetta che Di Gregorio scenda. I due salgono in auto e dopo mezz’ora veniva documentato il ritorno.
Non ci sono conversazioni registrate perché “come usano fare in tante occasioni – scrive il gip Montalto – per evitare le intercettazioni” gli indagati avevano “lasciato a casa il proprio cellulare”. Un’intercettazione invece c’è ed è risalente al 13 ottobre successivo, dopo che le elezioni regionali erano già state celebrate. In auto ci sono Nino Papania e un suo fidato collaboratore che gli fa anche da autista. “Pasquale…. lo scienziato della politica… è una testa di puntini puntini! – dice l’ex senatore -. Ci ha fatto buttare duemila euro per mangiare una pizza a quattro spacciatori a Trapani e ci hanno portato si e no trenta voti… Questo Giosuè… ‘nuddu nuddu ammiscato cu nenti’!”. Una cena di quelle che solitamente vengono organizzate in campagna elettorale. Gli investigatori hanno però cercato di capire che se la frase 2.000 euro per mangiare una pizza possa essere stato un linguaggio criptato. Sono diciotto in tutto gli indagati, nove finiti in carcere e uno ai domiciliari. Dodici gli alcamesi fra i quali anche un medico primario dell’ASP, poi deceduto; il fratello di due giovani uccisi nella guerra di mafia del 1991; il figlio di un condannato per mafia, esponente di una storica famiglia mafiosa alcamese; uno stretto parente di Francesco Coppola, ritenuto il novo capoclan di Alcamo; una psicologa di Calatafimi in servizio all’ASP e il marito.