Operazione Alcatraz. La Procura di Trapani chiede rinvio a giudizio per 31 coinvolti

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Giro di droga nelle carceri di Trapani, complici anche alcuni agenti della polizia penitenziaria, che aiutavano l’ingresso non solo di sostanze stupefacenti, ma anche di telefoni cellulari, sigarette, profumi e armi. Così si riassume l’operazione Alcatraz che, lo scorso aprile, aveva portato all’arresto di ben 31 indiziati di reato. Ora la procura di Trapani ha chiesto il rinvio a giudizio per i coinvolti nell’operazione.

Dalle indagini, sarebbe emerso che il carcere di San Giuliano era molto ambito dalla popolazione carceraria. L’attività investigativa avrebbe portato alla luce un sistema di corruzione ad hoc, il quale avrebbe permesso l’ingresso di droga e telefoni cellulari all’interno di palloni di calcio o di scarpe. Tutto questo sarebbe stato reso possibile  con la presunta complicità di quattro agenti penitenziari, ora in pensione. Il premio per aver aiutato gli arrestati? Del denaro, l’equivalente di 500 euro a consegna, biglietti per il teatro, un biglietto per assistere alla finale di Coppa Italia, disputata tra la Juventus e l’Inter, e prestazioni sessuali elargite dalla compagna di un detenuto. Dalle indagini, sarebbe anche emerso che gli agenti “corrotti”, di cui uno arrestato, un altro – “perno dell’attività di corruzione”, così ritenuto dagli inquirenti – è deceduto durante le indagini risalenti al periodo tra il 2018 e il 2022. Gli altri due sono indagati. Il cosiddetto “perno della corruzione”, deceduto nel corso delle indagini, era l’ex agente Francesco Paolo Patricolo, originario di Palermo. Tra i detenuti, anche un camorrista, Nicola Fallarino, originario di Benevento, e un esponente della Sacra Corona Unita, Davide Monti, di Bari. Il primo avrebbe ricevuto apparecchi elettronici nascosti all’interno di un pallone di calcio, che Roberto Fallarino avrebbe lanciato all’interno del carcere intanto che Vincenzo Piscopo faceva da “palo”. La scena è stata immortalata dalle telecamere piazzate dagli investigatori. Indagato anche Giuseppe Romano, comandante del penitenziario trapanese all’epoca dei fatti, a cui è stata contestata l’omissione delle denunce di un pestaggio subito nel marzo 2020, ad opera di un detenuto contro gli agenti della penitenziaria.