Ponte Ognissanti: marzapane, martorana, teologia, e il complesso concetto di salvezza

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Di Laura Lombardo — Ognissanti e festa dei morti: tradizioni culinarie forse in disuso e omelie sul concetto complesso di salvezza, da sempre al centro delle più interessanti dispute teologiche. In questo long weekend tra la festa di Ognissanti e la cosidetta festa dei morti, l’occasione è come sempre buona per sciamare appresso alle tradizioni locali, di cui forse vale la pena rispolverare le origini. Tra i culti più graditi, c’è la preparazione dei dolcetti di marzapane — pasta di mandorle, uova e zucchero — ossia la frutta di martorana, che comincia ad addobbare le vetrate dei bar, come quando un tempo addobbò il giardino di un convento palermitano. Sembra infatti una curiosa coincidenza che le leccornie più sfiziose siano sempre il frutto della creatività di monaci, suore e religiosi, come anche nel caso dello champagne di Dom Perignon, o del cannolo siciliano. Infatti, secondo la leggenda, questi dolcetti vennero inventati dalle suore del convento di Santa Maria dell’Ammiraglio a Palermo, nel tentativo di addobbare il giardino ormai spoglio per le prime freddure autunnali, e di renderlo accogliente per l’imminente visita del vescovo. E da lì le suore cominciarono ad averne richiesta da parte di grossi acquirenti, e tra questi la nobildonna Elisa Martorana, da cui il nome. Quest’anno tuttavia non tutti gli esercenti commerciali si sono dedicati a questa tradizione culinaria — ad Alcamo per esempio, centralissimi café della città non avrebbero ancora frutta di martorana in esposizione, per lo meno non fino a questo momento. Ma la celebrazione certamente, specie quella del 2 novembre, si presta alla riflessione religioso-spirituale, sui cari che non ci sono più e sul significato della salvezza delle anime, non solo quelle dei defunti cui fanno riferimento in questi giorni le varie letture in orario di messe. Concetto molto complesso, con sottili sfumature ontologiche e sociali nonché parte saliente di una grossa branca della teologia, detta soteriologia — la salvezza, per il libro della sapienza di Salomone per esempio, deriva dalla speranza che viene donata all’uomo nell’esistenza reale dell’aldilà. Un concetto che non è prettamente religioso: nel Prometeo di Eschilo, per esempio, si dice che Prometeo ha salvato l’uomo donandogli cieca speranza e impedendogli di vaticinare disgrazia. E la salvezza potrebbe forse essere quel quid a cui ognuno di noi starebbe pensando, nel proprio intimo, proprio in questi giorni.