Nicastri, pena inasprita di un mese. Accolto stavolta il patteggiamento

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Le accuse sono state ritenute di “massima gravità” e la pena patteggiata da Vito Nicastri, due anni e 9 mesi, venne rigettata il 18 novembre scorso dal Gup di Palermo nonostante la Procura avesse dato parere favorevole. Adesso la pena, inasprita soltanto da un altro mese, è stata accettata dal tribunale di Palermo dinanzi al quale l’imprenditore alcamese, il Signore del Vento, e il figlio Manlio Nicastri sono stati condannati per corruzione e intestazione fittizia di ben nell’ambito dell’inchiesta sul giro di mazzette all’assessorato regionale all’Energia. Ad opporre ricorso alla precedente sentenza del GUP con cui era stato rigettato il patteggiamento, erano stati gli avvocati Mary Mollica e Sebastiano Dara che hanno ottenuto, per il loro assistito, l’attenuante della collaborazione con la giustizia.

Il tribunale ha accolto anche la proposta di patteggiamento per Manlio Nicastri che risponde degli stessi reati del padre e che ha patteggiato una condanna a due anni. Davanti ai giudici pendevano anche le posizioni di Paolo Arata, ritenuto socio occulto di Nicastri ed ex deputato di Forza Italia, adesso consulente della Lega, del figlio Francesco, del dirigente regionale Alberto Tinnirello accusato di corruzione e dell’imprenditore milanese Antonello Barbieri indagato per autoriciclaggio e intestazione fittizia. Un secondo funzionario regionale Giacomo Causarano, pure lui imputato di corruzione, ha scelto invece  il rito abbreviato. Essendosi pronunciato sul patteggiamento dei due Nicastri, il collegio si è astenuto e il procedimento che coinvolge gli altri imputati sarà incardinato davanti a una nuova sezione del tribunale di Palermo.

Vito Nicastri, condannato nei mesi scorsi a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa e ritenuto tra i finanziatori della latitanza del capomafia Matteo Messina Denaro, ha fatto una fortuna con le energie alternative. E’ tornato in cella ad aprile insieme, tra gli altri, ad Arata. Da giugno ha cominciato a parlare con i pm svelando i nomi dei protagonisti dell’ennesimo caso di corruzione nella burocrazia regionale siciliana. Una tranche dell’inchiesta della Dda di Palermo è stata trasmessa a Roma e riguarda una presunta mazzetta che l’ex consulente della Lega avrebbe pagato all’ex sottosegretario alle Infrastrutture Armando Siri.