Messina Denaro e gli incroci con Alcamo, da Nicastri al documento. Mistero su visita in ospedale

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Un patrimonio di oltre 4 miliardi di euro e una passione sfrenata per il lusso. Ieri, al momento dell’arresto, Matteo Messina Denaro aveva indosso un giubbotto del valore di circa 9.000 euro e un orologio al polso da 34.000 euro. La ricchezza del boss castelvetranese è maturata non soltanto per la sua posizione egemone all’interno di Cosa Nostra e per gli affari nel narcotraffico ma anche per investimenti, con l’ausilio di fidati prestanome, in diversi settori. La grande distribuzione e la Despar di Grigoli, il turismo con i villaggi Valtur di Carmello Patti e le energie rinnovabili con l’imprenditore alcamese Vito Nicastri. Le accuse al re dell’eolico di essere il prestanome di Matteo Messina Denaro e di curarne in parte anche la cassa, riportano alla luce il legame fra il capo di Cosa Nostra ed Alcamo. Nicastri, per tali intrecci, ha subito sequestro di beni, condanne, riduzioni di pene e anche assoluzioni ma secondo gli inquirenti quel legame era davvero forte. L’imprenditore alcamese, qualche anno fa, dopo l’ultimo arresto, decise di collaborare facendo nomi e cognomi di funzionari e dirigenti regionali corrotti al fine di ottenere autorizzazioni per nuovi parchi eolici e per altre energie rinnovabili.

Messina Denaro andava in giro con la carta d’identità di Andrea Bonafede, geometra di un anno più giovane, residente a Campobello di Mazara. Probabilmente è stata sostituita la foto, non si sa se con il consenso del titolare che, interrogato ieri, non ha rilasciato alcuna dichiarazione. Sempre nella cittadina campobellese, in pieno centro abitato, i carabinieri hanno trovato il covo del boss che, alla presenza del procuratore di Palermo, è stato rovistato per tutta la notte. I legami con Alcamo hanno altri episodi. Il documento falso con cui precedentemente il boss andava in giro era una carta d’identità regolare rilasciata dal comune di Alcamo nei primi anni 2000, intestata a un’altra persona.

Ma c’è dell’altro. Il 2 gennaio scorso il castelvetranese avrebbe effettuato un accesso, con tanto di documento falso e di tessera sanitaria, al reparto di chirurgia dell’ospedale san Vito e Santo Spirito di Alcamo per alcuni controlli e un prelievo. Qui però il mistero si infittisce perché dai registri ambulatoriali di quel reparto del nosocomio alcamese non risulta alcun accesso, in quel giorno, a nome di Andrea Bonafede. Quindi prescrizione e prenotazione ci sarebbero ma Matteo Messina Denaro non avrebbe poi fatto quegli esami clinici all’ospedale di Alcamo.