Mafia, dodici arresti nel trapanese

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    Blitz della polizia, all’alba di oggi, che ha portato all’arresto di dodici persone nel trapanese; a finire in manette anche tre imprenditori. Le accuse sono: associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione aggravata, incendio aggravato, violazione di domicilio aggravata e violazione delle prescrizione derivanti dalla Sorveglianza Speciale di P.S..

     

    L’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto della Dda di Palermo, Teresa Principato, e dai pm Paolo Guido, Marzia Sabella, Carlo Marzella e Piero Padova, ruota attorno alle cosche del mandamento mafioso di Alcamo e dei clan di Castellammare del Golfo e Calatafimi.

     

    Gli arrestati sono:

    1. Antonino Bonura, imprenditore alcamese di 49 anni, residente a Sesto San Giovanni (MI), pregiudicato per mafia, già sorvegliato speciale di P.S.;

    2. Antonino Bosco, pregiudicato mafioso di Castellammare del Golfo, 57 anni, attualmente detenuto all’ergastolo.

    3. VincenzoBosco,  operaio castellammarese, 49 anni;

    4. Sebastiano Bussa, pregiudicato castellammarese, 37 anni, già sorvegliato speciale della P.S;

    5. Vincenzo Campo, procacciatore d’affari pregiudicato di Alcamo, 44 anni

    6. Salvatore Giordano, imprenditore pregiudicato di Ravanusa (AG), 53 anni, residente a Milano;

    7. Rosario Tommaso Leo, imprenditore agricolo pregiudicato di Vita (TP), 43 anni;

    8. Salvatore Mercadante, allevatore di Castellammare del Golfo, 27 anni;

    9. Nicolò Pidone, dipendente stagionale del Corpo Forestale di Calatafimi, 50 anni;

    10. Diego Rugeri, detto “Diego u’ nicu”, pregiudicato e sorvegliato speciale di P.S. di Castellammare del Golfo, 32 anni;

    11. Giuseppe Sanfilippo operaio pregiudicato di Castellammare del Golfo, 29 anni;

    12. Michele Sottile, pregiudicato di Castellammare del Golfo, 50 anni, già sorvegliato speciale di P.S..

     

     

    Le misure restrittive scaturiscono da un’articolata attività d’indagine condotta dalla Squadra Mobile di Trapani, con la collaborazione dei Commissariati di Polizia di Alcamo e Castellammare del Golfo, che ha esaminato le dinamiche criminali all’interno del mandamento mafioso di Alcamo (famiglie di Alcamo, Castellammare del Golfo e Calatafimi).

    L’indagine ha consentito di ricostruire l’organigramma dei vertici di tale ramificazione di Cosa Nostra trapanese, oltre che una serie di condotte delittuose commesse dagli indagati.

     

    In particolare, si è fatta luce su una spaccatura insorta all’interno della famiglia mafiosa di Castellammare del Golfo a seguito degli arresti che, negli scorsi anni, ne avevano decapitato i vertici (Operazione Tempesta fase I e II).

     

    Secondo le indagini, un gruppo della consorteria mafiosa, legato a Diego Rugeri, rampollo di una famiglia mafiosa già tristemente nota, sotto l’egida del più autorevole Antonino Bonura – reggente della famiglia mafiosa di Alcamo – aveva intrapreso delle estorsioni ai danni di operatori economici castellammaresi, senza il previo consenso di Michele Sottile, uomo d’onore di Castellammare che, per “anzianità” anagrafica, riteneva di dover reggere quella compagine mafiosa.

     

    Gli attriti tra i due, per come registrato nel corso delle investigazioni, sembravano poter sfociare in una vera e propria “faida” tra le due fazioni.

     

    Proprio per tali motivi Antonino Bonura, insieme a Rosario Leo, affiliato alla famiglia mafiosa di Vita, convocò i vertici delle famiglie mafiose di Alcamo, di Castellammare del Golfo e di Calatafimi tenendo una riunione in aperta campagna, nella zona di Inici, al fine di dirimere le frizioni insorte.

     

    Nel corso della riunione, captata da quest’Ufficio, venivano ripercorsi dagli indagati i motivi dell’astio tra Rugeri  (che si difendeva dicendo di aver agito in piena sintonia con le “direttive” dettate da Bonura ed in armonia con le strategie della famiglia mafiosa d’appartenenza) e Sottile che, invece, accusava la controparte di non averlo messo al corrente di alcune iniziative (delle estorsioni e degli attentati incendiari).

     

    Nel corso della medesima riunione emergeva, inoltre, un’ulteriore “ala autonomista” all’interno della famiglia mafiosa di Castellammare. I consociati, infatti, accusavano l’indagato Sebastiano Bussa (non presente alla riunione) di aver richiesto, senza l’autorizzazione della “famiglia”, il pagamento di un’estorsione ad un’impresa edile che stava svolgendo lavori pubblici nel centro della cittadina del golfo.

     

    Secondo quanto emerso, Bussa si era mosso autonomamente, grazie all’autorevole parentela che lo lega al boss ergastolano Antonino Bosco – ne è genero – ed ai suoi figli. Successive intercettazioni avrebbero testimoniato come effettivamente Antonino Bosco aveva impartito, dal carcere, le sue disposizioni ai figli, indagati a piede libero, ed a Bussa.

     

    All’esito della riunione, a cui hanno partecipato anche Salvatore Mercadante, figlio del più noto ergastolano Michele Mercadante, e Salvatore Giordano, veniva, pertanto, ricomposto l’attrito tra Rugeri e Sottile, riconducendo le azioni criminose dei due ad un’unica strategia e veniva anche deciso di proibire a Bussa ed ai Bosco, anche con l’uso della forza, di prendere iniziative delittuose.

     

    Le indagini hanno fatto emergere chiare responsabilità da parte degli indagati su numerosi episodi di reato: estorsione ai danni dei gestori del Ristorante “Egesta Mare” di Castellammare del Golfo e relativo incendio della saracinesca; incendio dell’ingresso e di alcune suppellettili pertinenti all’abitazione dell’imprenditore Salvatore Buscemi; tentata estorsione ai danni del bar “Vogue” di Castellammare del Golfo; incendio dell’abitazione di Salvatore Magaddino, dentista di Castellammare del Golfo; estorsione ai danni dei titolari dell’A.T.I. costituita tra le imprese Prom.Edil. di Giorgio Di Stefano e F.lli Tamburello G. & c. s.n.c. di Partanna, imprese esecutrici dei lavori appaltati dal Comune di Castellammare del Golfo per la “riqualificazione urbana e ripristino antica pavimentazione del centro storico 1° stralcio“; estorsione ai danni dei titolari del bar “La sorgente” di Castellammare del Golfo; tentata estorsione ai danni dell’imprenditore edile Giuseppe Blunda; tentata estorsione ai danni dell’imprenditore edile Luigi Impastato.

     

    Le estorsioni venute alla luce testimoniano l’aggressività dell’organizzazione mafiosa nei confronti degli operatori economici del territorio, a cui imponevano il “pizzo” minacciandoli anche con attentati incendiari.

     

    L’oggetto delle estorsioni, oltre al regolare pagamento di somme di danaro, consisteva anche nell’obbligare ad assumere parenti degli indagati (come nel caso del ristorante “Egesta Mare”, costretto a dare impiego alla fidanzata di Diego Rugeri) o costringerli a non richiedere il pagamento per prestazioni professionali regolarmente elargite (il dentista Magaddino era “colpevole” di aver richiesto con insistenza il pagamento per alcune prestazioni rese ad un complice di Diego Rugeri).

     

    È emerso anche il tentativo della famiglia mafiosa di Alcamo, in particolare da parte di Antonino Bonura e del suo fidato complice Vincenzo Campo, di monopolizzare la commercializzazione del calcestruzzo, imponendo alle imprese di acquistarlo presso impianti di produzione compiacenti, o comunque riferibili agli indagati.

     

    L’operazione di Polizia si è avvalsa della collaborazione operativa di equipaggi del Reparto Prevenzione Crimine di Palermo.

     

    Giordano è stato tratto in arresto a Milano con la collaborazione della Squadra Mobile del capoluogo lombardo.

     

    Sono state effettuate perquisizioni domiciliari a carico degli arrestati e di altri 15 indagati in stato di libertà, a cui è stato notificata l’informazione di garanzia.

     

    Tra gli indagati a piede libero figurano anche un immobiliarista di Castellammare del Golfo ed il titolare di uno studio di progettazione, che è anche consigliere comunale della cittadina del golfo, i quali avevano consentito delle riunioni degli indagati presso i loro esercizi.