Mafia-“Cemento del Golfo”, domani il Gup decide sui rinvii a giudizio

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Il gup del tribunale di Palermo, Fabrizio Anfuso deciderà domani  martedì nel corso dell’udienza preliminare l’eventuale rinvio a giudizio dei cinque indagati nell’operazione “Cemento del Golfo”, che lo scorso mese di marzo – dicono gli investigatori – avrebbe consentito di smantellare un sistema economico-imprenditoriale riconducibile a Cosa nostra, che vede a capo il super latitante Matteo Messina Denaro. Le ordinanze di custodia cautelare in carcere scattarono nei confronti di colui il quale i carabinieri della compagnia di Alcamo, che condussero le indagini, ritengono il capo della famiglia mafiosa di Castellammare, Mariano Saracino e per Vito Turriciano, Vito e Martino Badalucco, padre e figlio tutti e quattro reclusi e per l’alcamese Vincenzo Artale, che si trova agli arresti domiciliari. Sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione aggravata, danneggiamento aggravato, fittizia intestazione aggravata, frode nelle pubbliche forniture e furto. Vincenzo Artale, già componente dell’associazione antiracket e antiusura di Alcamo è accusato di estorsione con l’aggravante del metodo mafioso. Le indagini dei carabinieri di Alcamo e Castellammare, fatte di intercettazioni ambientali e pedinamenti, e poi dalla collaborazione di alcuni imprenditori, sono durate quasi tre anni. Le investigazioni iniziarono subito dopo la recrudescenza di attentati incendiari ai danni di imprenditori operanti nell’edilizia nel territorio del comune castellammarese sul finire del 2012. L’attività investigativa avrebbe permesso ai carabinieri di comprendere come i danneggiamenti ai mezzi e veicoli del settore dell’edilizia e del movimento terra fossero riconducibili alle modalità operative di Cosa Nostra – scrivono i militari – per imporre la fornitura di calcestruzzo a diversi imprenditori impegnati in lavori privati o in opere pubbliche. Oltre alle 5 misure in carcere vennero altresì notificate 6 informazioni di garanzia nei confronti di altrettanti soggetti responsabili, a vario titolo, di intestazione fittizia di beni e favoreggiamento personale, per tutti con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare l’attività di Cosa nostra.

(Nella foto, da sin.: Mariano Saracino, Vincenzo Artale)