La nuova mafia trapanese, Bonanno e il potere delle relazioni sotto traccia

0
111

Una figura storica della criminalità organizzata trapanese è di nuovo al centro di un processo delicato. Si tratta di Pietro Armando Bonanno, classe 1959, già condannato all’ergastolo per l’omicidio mafioso di Pietro Ingoglia nell’89 e più volte finito in carcere per reati di stampo mafioso. Eppure, anche lui ha beneficiato nel tempo di permessi premio che gli hanno permesso di uscire temporaneamente dalla prigione. Secondo gli inquirenti, Bonanno avrebbe approfittato proprio di quei periodi di libertà per riorganizzare una ‘famiglia’ mafiosa, ricostruire una rete di potere, appoggiato da uomini d’onore e vecchi sodali, tra cui anche membri della storica cosca Minore. A raccontarlo in aula il maggiore dei Carabinieri Vito Cito durante l’ultima udienza del processo “Scialandro”, dal nome dell’operazione antimafia congiunta di Dia, polizia e carabinieri che nell’ottobre 2023 portò ad arresti e avvisi di garanzia, fra Paceco, Custonaci, Valderice e Trapani .

Cito, investigatore esperto dell’Arma oggi in pensione, ha ricostruito l’operatività del gruppo tra il 2021 e il 2023, periodo in cui – stando alle intercettazioni – Bonanno avrebbe gestito affari illeciti, fornito “protezione” a commercianti, assegnato incarichi e gestito rapporti con colletti bianchi, imprenditori e persino ambienti vicini alla massoneria. La sua base operativa, una macelleria in una zona centrale di Trapani, trasformata in un “ufficio” dove si risolvevano controversie, si offrivano “servizi” e si facevano affari. In un episodio emerso dalle indagini, il noto commerciante trapanese di abbigliamento Benito Spada, si sarebbe rivolto a lui per far cessare i danneggiamenti messi in atto da un piccolo delinquente locale. Bonanno, secondo quanto sostenuto dagli inquirenti, avrebbe garantito una “soluzione” rapida e silenziosa. In cambio, il commerciante avrebbe pagato tremila euro in due tranche e forse, anche un regalo personale, l’abito da sposo di Bonanno. Vicenda emblematica e integralmente smentita a mezzo stampa dal legale di Spada, l’avvocato Esposito.

Gli investigatori rappresentano il caso come un esempio lampante di “mafia di prossimità”: una presenza silenziosa ma costante, che si insinua nella vita ordinaria offrendo “risposte” dove lo Stato sembra non arrivare. Il processo proseguirà nelle prossime settimane, ma il messaggio è chiaro: la mafia non è affatto scomparsa. E continua a muoversi dove trova spazio, silenzi e convenienze.