Ingiusta detenzione, risarcito D’Angelo piantonato in ospedale per 16 giorni

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Era stato arrestato ingiustamente il 6 dicembre del 2011 nell’ambito dell’operazione “Gold Plastic” coordinata dalla procura antimafia di Lecce e che vide la Guardia di Finanza eseguire 54 ordini di custodia cautelare in 13 regioni italiane. Le accuse per tutti erano di traffico illecito e transfrontaliero di ingenti quantitativi di rifiuti speciali, costituiti da materie plastiche, gomma e pneumatici fuori uso. Fra gli arrestati anche l’imprenditore alcamese Vincenzo D’Angelo, 62 anni fra qualche giorno, accusato di avere trasportato diverse tonnellate di rifiuti speciali in Corea. Dopo 16 giorni, il 21 dicembre del 2011, il tribunale della Libertà dispose la scarcerazione sostenendo che i tre capi di accusa non giustificassero l’applicazione della misura cautelare. L’imprenditore alcamese non subì quindi altri provvedimenti ed anzi il 25 settembre del 2017 il Gip del tribunale di Palermo archiviò tutto accogliendo la tesi della procura che aveva ritenuto che mancassero gli elementi idonei a sostenere l’accusa.

Adesso, a conclusione di una vicenda, è anche un ulteriore passaggio che va a riabilitare l’immagine di Vincenzo D’Angelo. La terza sezione della corte di appello di Palermo ha infatti condannato il ministero dell’economia a riparare i 16 giorni di ingiusta detenzione con il pagamento di quanto previsto dalle tabelle di legge. Il risarcimento, richiesto dall’avvocato Vincenzo Abate, può essere concesso soltanto in favore di loro che vengono assolti con formula piena. Così era accaduto per l’imprenditore die rifiuti che però quel 6 dicembre del 2011, venne colto da un infarto al momento del ricevimento della notifica dell’ordinanza di custodia cautelare. D’Angelo venne piantonato in ospedale per tutta la durata dell’ingiusta detenzione. “Siamo estremamente soddisfatti per la sentenza che allevia le pene – hanno detto l’imprenditore alcamese e il suo avvocato – di quanto subito nel dicembre del 2011 e dei turbamenti procurati sia alla famiglia che all’intera azienda. Certamente devolveremo le somme del risarcimento in un progetto di solidarietà sociale o di beneficenza”.