Il comandante Mazarese Marrone sotto processo, accusa di immigrazione clandestina

0
127

Per la prima volta in Italia un equipaggio e una ONG verranno processati per un’operazione di soccorso in mare, fino ad ora infatti altre ONG erano state indagate per vicende simili, ma il processo non era mai arrivato alla fase del dibattimento. Al centro della vicenda, la nave Mare Jonio della ONG Mediterranea Saving Humans, e tra gli imputati, un nome che a Mazara del Vallo conoscono bene: Pietro Marrone, comandante e navigatore di lungo corso, figura simbolica della marineria siciliana, oggi accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, aggravato dall’averne tratto profitto. La notizia ha il sapore amaro dell’assurdo per chi ricorda le immagini del dicembre 2020: Marrone scendeva dal peschereccio Medinea dopo 108 giorni di prigionia in Libia. Abbracci, lacrime, colombe bianche e sirene spiegate accoglievano lui e gli altri 17 pescatori rientrati a Mazara del Vallo. “Ci umiliavano, ci mettevano paura”, raccontava allora con la voce rotta, ma sollevata.

Oggi, quel comandante torna sotto i riflettori non come vittima, ma come presunto colpevole. Il fatto contestato risale al 2020. Dopo che la portacontainer danese Maersk Etienne aveva soccorso 27 migranti, le autorità maltesi negarono lo sbarco. L’odissea durò settimane. Alla fine, la Mare Jonio accolse 25 di quei migranti a bordo e li portò in salvo a Pozzallo. Per questo gesto, la procura di Ragusa accusa Mediterranea e il suo equipaggio di aver agito in cambio di una donazione di 125mila euro da parte della compagnia danese, configurando così un profitto economico. Accusa che l’ONG e la stessa Maersk smentiscono con forza: si trattava di un rimborso legittimo per le spese sostenute. Ma oltre le carte giudiziarie, c’è una storia di mare e di scelte morali. Marrone, negli anni ha visto la guardia costiera libica sequestrargli navi, sparare a bordo dei suoi pescherecci, minacciare i suoi uomini. “Mai consegnerei una sola persona ai libici”, ha dichiarato. Così, quel giorno, quando una motovedetta della Guardia di Finanza gli ordinò di spegnere i motori, rispose deciso: “Io non spengo nessun motore. Abbiamo persone da mettere in sicurezza”. A ottobre Marrone e altri cinque imputati, tra cui l’attivista Luca Casarini e il cappellano Mattia Ferrari, compariranno in tribunale. Un processo emblematico, che metterà in discussione non solo la legalità dei salvataggi in mare, ma anche la coscienza di un Paese.