Una lunga camera di consiglio, durata più di 15 ore, per la sentenza di primo grado a carico degli imputati dell’operazione ‘Gordio’ che avevano scelto il rito ordinario. In totale il tribunale ha emesso condanne per oltre un secolo ma ha notevolmente diminuito le richieste del PM. Per tutti, infatti, non è stata riconosciuta l’associazione mafiosa finalizzata allo spaccio di droga. Capo di imputazione che ha invece avuto riscontro nella sentenza di primo grado del rito abbreviato. Dei quindici imputati che hanno invece optato per l’ordinario sono stati assolti il partinicese Giuseppe Gaglio e il castellammarese Leonardo Zanca, quest’ultimo difeso dagli avvocati Eligio Scaglione e Saro Lauria. Zanca era ritenuto il terminale dello spaccio a Castellammare del Golfo. Il PM, per lui e per Gaglio, aveva chiesto 15 anni di carcere.
La condanna più pesante, a 21 anni, ha raggiunto i partinicesi Nicola Lombardo e Nunzio Cassarà; 12 anni per Margherita Parisi, dieci per Calogero Sicola, Claudio Bommarito e Roberto Lunetto; 9 anni per Pietro Canori, 8 anni e 4 mesi a Salvatore Lo Biundo, 6 anni e 8 mesi inflitti a Roberta La Fata e Tiziana Vaccaro, 5 anni e mezzo ad Agostino Arancio e 4 anni e 2 mesi ciascuno a Giuseppe Tola. Condannato con la stessa pena, vale a dire 4 anni e due mesi, l’alcamese Santo Calandrino, agente penitenziario in servizio al Pagliarelli, che, secondo l’accusa, offriva favori agli indagati in cambio di arance fresche o ricotta o altre piccole regalie. Il processo è scaturito dall’operazione “Gordio” che nel 2021 provò a smascherare gli intrecci tra la mafia e i narcotrafficanti, anche con l’acquisto di droga dal clan romano dei Casamonica. Una vasta indagine anti-droga messa a segno dai carabinieri e che portò a ben 85 misure cautelari. Coinvolto il clan partinicesi dei Fardazza con in testa Michele Vitale e la sorella Giusy, ex capo del mandamento, poi divenuta collaboratrice di giustizia, sorella dei padrini Vito e Leonardo, che sostituì ai vertici del clan dopo l’arresto. Vitale, che viene processata separatamente, sarebbe stata al centro di un maxi traffico di stupefacenti insieme al nipote Michele Casarrubia. Un’inchiesta molto delicata che portò anche a far emergere l’acquisto di un’ingente quantità di cocaina con uno dei Casamonica, personaggi di vertice dell’omonimo clan romano.