Era intanto un artista. Nasce e vive essenzialmente come artista, Salvatore Tartamella, come autore, cantante, musicista e non si è mai allontanato dalla sua natura artistica pittorica che da ragazzo lo aveva portato a frequentare la Scuola d’arte di Monreale. Ma Salvatore Tartamella, alcamese, si è fatto conoscere ad Alcamo, in provincia, in Sicilia e fuori anche come autore televisivo, giornalista, scenografo e ideaore di programmi. Fu tra i primi ad Alcamo quando nacquero le televisioni private che scombussolarono il mondo consolidato della Rai, a farne parte. La sua natura artistica e giornalistica la volle spendere da subito nelle televisioni. Come autore e protagonista nei primi anni televisivi, insieme a Ignazio Calandrino, di un modo nuovo per Alcamo di fare e guardare televisione. Sapeva far ridere e sapeva avere senso ironico. Sapeva fare teatro nel nuovo mondo della televisione privata e tutti ad Alcamo lo conobbero così. Ma aveva una sensibilità non comune e vedeva la televisione privata così come deve essere vista e interpretata: come uno strumento nuovo per i telespettatori locali parlando di cose locali, di tradizioni, modi di dire e di fare, saggezze e cultura che rischiavano di scomparire nel marasma generale di interessi sempre più nazionali e internazionali da parte delle persone che sempre più spendevano i propri pensieri verso cose lontane e sconosciute e dimenticavano quello che avevano attorno.
Salvatore Tartamella diventa così, e già lo era nell’animo durante i suoi spettacoli, giornalista. Sempre attento a quello che succedeva nei dintorni, dalle tradizioni al mondo politico, dagli spettacoli alla cultura alcamese e trapanese, dall’attenzione alle questioni più reali e immediate delle persone ai problemi che spesso passano inosservati nelle grandi testate nazionali e regionali. Non c’era persona che non lo aveva conosciuto e visto in televisione. La televisione privata ad Alcamo è stata essenzialmente lui, tra i pochi che ne hanno vissuto ed attraversato nascita, gloria e crisi. Negli ultimi anni aveva anche fondato diversi giornali dove il teatro e le pubblicazioni di Alcamo, e non solo, avevano il loro spazio. Sapeva coniugare arte, cultura, televisione, giornalismo, comicità e musica, spettacolo e creatività in modo eclettico. Lo ritroviamo anche a commentare in diretta le corse dei cavalli tornate ad Alcamo per un certo periodo, antica tradizione alcamese e siciliana e oggi ormai quasi scomparsa. E poi l’attenzione alle realtà economiche della sua terra, dall’agricoltura alla pesca all’artigianato sempre mantenendo la sua linea e tipologia, che viviamo ad Alcamo, in Sicilia, nel trapanese e non a Milano, Guatemala o Africa, mentre sempre più in tanti si spingevano proprio ad occuparsi di cose lontanissime e spesso mai nemmeno viste se non in vacanza, dimenticandosi che si vive dei problemi del luogo e della città dove si risiede. Aveva intervistato praticamente tutti, dai personaggi importanti di Alcamo e del trapanese a quelli nazionali e internazionali passati e transitati da Alcamo e nel trapanese e soprattutto non aveva orari, non guardava il tempo passato per realizzare un’intervista o un servizio giornalistico.
Salvatore Tartamella si era anche avvicinato all’arte digitale e aveva esposto ad Alcamo e nel mondo. Diverse sue opere si trovano in collezioni private e Gallerie d’Arte in Canada e Stati Uniti. Sapeva cos’era la comunicazione anche pubblicitaria senza aver compiuto studi specialistici. E’ stato un personaggio fondamentale, tra tante vite tranquille, paciose e anonime, spesso indifferenti, della città di Alcamo dove era nato e aveva essenzialmente lavorato nelle televisioni private. Una delle sue ultime interviste la realizzò a Ludovico Corrao a Gibellina, proprio poco prima che Corrao morisse, dopo la pubblicazione del libro dedicato al Senatore e poi si occupò anche della tragedia che lo colpì. Negli ultimi tempi sempre più manifestava il desiderio di lasciare Alcamo e non aveva mai nascosto il suo amore per Pantelleria dove aveva come amici personaggi come Italo Cucci e Fabio Capello e la città di Mazara di cui è originaria la moglie. Alla fine è morto a Roma, può significare qualcosa. Certo, Alcamo come città dovrebbe fare più attenzione, forse, ai suoi uomini e alle sue donne che si mettono in prima linea, in ogni campo, uscendo dai canoni di una tranquilla e inutile vita di provincia e che rinunciano alle sicurezze agiate di una vita normale. Quanto meno apprezzare il coraggio di chi decide di volerci essere, da protagonista e a modo suo, coraggio che la stragrande maggioranza non ha.
Lascia la moglie e tre figli, dei quali il maggiore è anche lui un musicista.