Diventa definitiva la confisca da 130 milioni al re degli alberghi di Marsala

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Per decenni è stato uno degli imprenditori leader in Sicilia nei settori della ristorazione e alberghiero. Si tratta di Michele Licata, marsalese nei confronti del quale è definitiva la confisca di ben stimati attorno a 130 milioni di euro. La sentenza della Cassazione, arriva dopo otto anni quando scattò il sequestro.

La seconda sezione penale della Suprema Corte ha respinto il ricorso di Licata e dei suoi famigliari contro la sentenza della sezione misure di prevenzione della Corte d’appello di Palermo, che, tranne che per alcuni beni della moglie (beni della Wine Resort di Vita Maria Abrignani), aveva sentenziato la confisca. Il sequestro dell’immenso patrimonio scattò a seguito di indagini della Guardia di finanza che avrebbe scoperto una grande evasione fiscale. Da allora la gestione dei beni venne affidata ad un amministratore giudiziario per ristoranti e alberghi: Delfino, Delfino Beach hotel, il mega-complesso Baglio Basile (albergo e ristoranti) e l’agriturismo La Volpara. Questi alberghi  e  erano anche molto frequentati da alcamesi per matrimoni poiché in quel periodo nell’alcamese non esistevano sale. Otto anni fa, il maxi-sequestro fu la più imponente misura di prevenzione patrimoniale per “pericolosità fiscale”, scrissero gli investigatori,  a livello nazionale. In primo grado,  dicembre 2016, l’imprenditore venne condannato dal gup del Tribunale di Marsala di Marsala  4 anni, 5 mesi e 20 giorni di reclusione non solo per evasione fiscale, ma anche per truffa allo Stato e malversazione. Poi, nel luglio 2020, in secondo grado, con la prescrizione per truffa allo Stato e l’assoluzione per la malversazione la Corte d’appello rideterminò la pena in due anni, sei mesi e 20 giorni di carcere. Nel 2022 la Cassazione confermò i due anni e mezzo. In primo grado, con l’imprenditore erano imputate anche famigliari del Licata, titolari di alcune società del gruppo e imputate in concorso con il padre. Entrambe patteggiarono la pena, Il provvedimento riguarda ristoranti, alberghi, auto, terreni, conti bancari al centro dell’intervento della Cassazione che ha respinto il ricorso dell’imprenditore ritenuto colpevole di una maxi evasione.