Deposito rifiuti radioattivi Quando Alcamo doveva ospitarne uno

0
86

Mobilitazione e protesta per la scelta delle aree potenzialmente idonee al deposito di rifiuti radioattivi dove sono state individuate quattro località in Sicilia tra cui Calatafimi-Segesta. Il documento è stato elaborato dalla Società di gestione degli impianti nucleari e poi validato da Isin e Ispra (le agenzie che si occupa di nucleare e di ricerche ambientali) e infine dai ministeri dello Sviluppo economico e dell’Ambiente, ma adesso si apre una fase di consultazione pubblica, della durata di 60 giorni, in cui muovere obiezioni. Ma queste sono già scattate. Una vicenda quasi analoga una quarantina di anni fa ad Alcamo. A due chilometri da Alcamo sulla strada per Camporeale in cima ad una collinetta era stata ristrutturata e presa in affitto una casa di campagna. Avrebbe dovuto ospitare rifiuti radioattivi provenienti da laboratori di medicina nucleare. Già la casa era stata isolata e tutt’intorno filo spinato con il cartello che indica la presenza di materiale radioattivo. La soffiata da una persona pubblica preoccupata per il deposito pronto per ospitare il materiale mi spinse subito a verificare la notizia. Per non dare nell’occhio con un cameraman di Alpauno imboccammo la strada per Pietralonga che ci portò ai piedi della collinetta. La notizia si rivelò fondata. Servizio in Tv e sul Giornale di Sicilia, che scatenò un putiferio. Quasi nessuno ad Alcamo, nemmeno le forze dell’ordine, conoscevano la vicenda. Il giorno della pubblicazione dei miei articoli sul Giornale di Sicilia, vertice al Comune di Alcamo e arrivarono ispettori dalla Regione e Stato. La stessa mattina dell’uscita della notizia, sit in piazza Ciullo dell’allora segretario della Camera del Lavoro, Piscitello. Nel frattempo il Giornale di Sicilia oltre a me investiva altri tre giornalisti per conoscere tutti i dettagli e a chi appartenesse la società con sede a Palermo. La mattina andando sul posto incontrai i proprietari della casa di campagna, buone persone, marito e moglie che quasi piangevano: “Mi dissero signor Maniscalchi siamo gente buona, ma ora cosa penseranno i nostri parenti in America?”. E poi la moglie aggiunse: “Hanno usato tantissimo cemento e ho detto a mio marito che la nostra casa di campagna era diventata indistruttibile”. Quel deposito non funzionò mai. Quel servizio giornalistico di circa 40 anni fa aprì le porte ad un interrogativo: “Come venivano smaltiti e dove i rifiuti dei laboratori di medicina nucleare”. Ora scatta una nuova mobilitazione con la costituzione “di un comitato che si faccia carico della raccolta dati e della redazione delle osservazioni al piano (Cnapi) della Sogin. L’obiettivo è anche quello di promuovere la mobilitazione popolare e delle amministrazioni comunali interessate, contro questa nefasta ipotesi, che rischierebbe di pregiudicare lo sviluppo economico legato al turismo, alla cultura, all’ambiente, all’agricoltura del nostro territorio”. Promotori: Massimo Fundarò, Rosalba Virone, Pino Pellegrino, Francesco Gruppuso che lanciano l’appello ad aderire a tutte le iniziative per bloccare la realizzazione del deposito.