Contrada torna libero domani

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    di Antonio Pignatiello

     

    Bruno Contrada, l’ex funzionario del Sisde, condannato a 10 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, tra tanti dubbi sulal sentenza e su tutta la questione dei colaboratori di giustizia che hanno accusato uomini dello Statoin questi ultimi strani vent’anni, tornerà libero domani.

    Il magistrato di sorveglianza di Palermo ha concesso la proroga sull’applicazione della pena accessoria di tre anni di libertà vigilata. Contrada haora 80 anni e per il suo grave stato di salute è agli arresti domiciliari, nella sua abitazione di Palermo, dal luglio del 2008 ‘per il tempo della residua condanna. Si è sempre dichiarato innocente e un servitore dello Stato. Non si può certo dire la stessa cosa per i mafiosi che però spesso sono stati ascoltati da alcuni giudici quando hanno accusato uomini dello Stato. Non si è avuto lo stesso ascolto magari verso altre rivelazioni per esempio verso un mondo politico che continua a girare per tavoli e convegni fintamente denominati della legalità.

    L’ex funzionario del Sisde, dopo la condanna a dieci anni inflittagli in primo grado il 5 aprile 1996, fu assolto nel primo processo d’appello il 4 maggio 2001. Il 12 dicembre del 2002 la Cassazione annullò il verdetto assolutorio e dispose un nuovo processo. Infine arrivò la
    condanna a 10 anni di reclusione, il 25 febbraio 2006, che nel maggio dell’anno successivo la Cassazione rese definitiva. Il l8 novembre del 2011 la Corte d’appello di Caltanissetta rigettò, dichiarandola inammissibile, la richiesta di revisione del processo che lo condannò a 10 anni di reclusione. Il 15 gennaio del 2012 il Tribunale di Sorveglianza di Palermo decise che avrebbe scontato il resto della sua condanna a 10 anni di reclusione per concorso esterno all’associazione mafiosa a casa per il suo grave stato di salute.

    La storia di Bruno contrada si intreccia nel ventennio assurdo che ha visto uomini dello Stato essere messi sotto inchiesta, inquisiti perchè accusati da pentiti, collaboratori di giustizia di mafia e anche da esponenti poco chiari. Non ultima la triste e assurda vicenda che ha visto il Colonnello Sergio de Caprio, a suo tempo capitano Ultimo, che arrestò Totò Riina e insieme a lui il Generale, a suo tempo Colonnello Mario Mori, comandante del ROS, il Colonnello De Donno a suo tempo Capitano, implicati nella vicenda del Papello. De Caprio è stato scagionato, per fortuna, Mori e De Donno aspettano.

    La Procura ha avuto essenzialmente questo impegno in questi ultimi anni, ascoltare per esempio Massimo Ciancimino che recentemente dopo le intercettazioni che hanno messo in difficoltà tutto il suo impianto accusatorio fatto di post-it che solo chi non voleva vedere non vedeva, è stato anche trovato in condizioni particolari come l’inchiesta condotta dallo stesso Colonnello De Caprio al NOE dei Carabinieri sul tesoretto scoperto dei Ciancimino in Romania con perquisizioni ora in tutta Italia. la questione della vera o fasulla trattativa tra Stato e mafia, se ci fu, non poteva certo essere condotta da ufficiali dei Carabinieri e funzionari di Polizia che invece svolgevano le indagini per arrestare mafiosi e latitanti come gli atti dimostrano. resta il fatto che bisognerebbe anche sapere chi fece, se ci fu, la trattativa e  perchè proprio gli uomini dello Stato che facevano con successo la lotta alla mafia sono stati poi inquisiti, infangati e arrestati ingiustamente nella Sicilia dei veleni e delle tante bugie e verità confuse dalle risonanze mediatiche che la dicono lunga sul ruolo dell’informazione in questo Paese sempre più strano.

    Il problema dei collaboratori di giustizia che troppo facilmente, aiutati da una cassa mediatica di risonanza fin troppo rumorosa, è sempre presente e questi ultimi ventanni continueranno ancora a rimanere come gli anni che si sono condotti in carcere e in tribunale uomini dello Stato, dei Servizi segreti, del’Arma, della polizia che hanno invece sempre dimostrato di aver servito lo Stato. Forse un giorno giudici e giornalisti che hanno preferito questa strada dovranno dare spiegazioni non solo ufficiali ma anche morali e umane a tutto questo ma resta il fatto che molti danni sono stati fatti all’immagine degli uomini dello Stato che hanno operato per la libertà dei siciliani e non solo e della legge mentre tanti altri no. Si era addirittura arrivati a tentare di inquisire il Capo delo Stato con le intercettazioni e chissà dunque in questi ultimi ventanni qual’era il progetto finale.