Concorso nell’omicidio Lombardo, sequestrati beni al partannese Rosario Scalia

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Accusato in concorso per l’omicidio di Salvatore Lombardo, avvenuto a Partanna il 21 maggio di 14 anni fa, ha subito adesso la confisca di beni per 180.000 euro. I redditi dichiarati da Rosario Scalia, partannese di 48 anni, secondo le indagini sarebbero sproporzionati rispetto all’effettiva detenzione di beni. Il nucleo investigativo del comando provinciale dei carabinieri di Trapani e la stazione dell’Arma di Partanna hanno quini sequestrato, per equivalente, un immobile, terreni, beni aziendali, conti correnti e depositi a risparmio riconducibili a Scalia. Il 48enne, già condannato a vent’anni di reclusione (sentenza e pena confermate in appello) è ritenuto colpevole, in concorso, dell’omicidio di Salvatore Lombardo.

Ad uccidere il pastore, con un fucile calibro 12, davanti al bar ‘Smart Cafè’, furono Nicola Nicolosi di Vita e il gibellinese Attilio Fogazza. Il primo fece fuoco mentre il secondo era al volante dell’autovettura con la quale arrivarono nei pressi del bar. I due poi confessarono il delitto e divennero collaboratori di giustizia. L’accusa individuò come mandante Domenico Scimonelli, per questo condannato all’ergastolo. Il processo, in un primo momento, aveva riguardato altri due uomini, Giuseppe Genna di Paceco, poi assolto, e Roberto Scalia condannato invece in primo e secondo grado. Sarebbe stato lui il ‘basista’, o per meglio dire colui che avrebbe dato la cosiddetta “battuta” agli assassini. Insomma avrebbe dapprima trattenuto Lombardo al bar e poi avvertito, con un sms, Scimonelli, il mandante dell’omicidio. Quest’ultimo, gestore di un supermercato Despar a Partanna, avrebbe deciso così di punire Salvatore Lombardo che aveva rubato un camion di merce.  Domenico Scimonelli, ritenuto uno die più fidati fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro, venne arrestato nell’agosto del 2015 a seguito dell’operazione “Ermes” per essere stato uno dei postini, tramite pizzini, del superlatitante castelvetranese. In quell’occasione l’uomo, già coinvolto nel 1997 nell’operazione “Progetto Belice”, venne condannato a 17 anni di carcere, pena confermata anche in appello e poi divenuta definitiva per il rigetto del ricorso da parte della Cassazione.