Balestrate, etichette “sfrontatamente” in cinese e 32 mila articoli sequestrati

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Un blitz della Guardia di finanza contro prodotti e marchi contraffatti ha portato oggi al sequestro di ben 32.000 articoli all’interno di un negozio cinese nel centro di Balestrate. Le fiamme gialle di Partinico hanno appurato che una lunga serie di prodotti tra materiale elettrico ed informatico, giocattoli, orologi, casalinghi, articoli per la casa e per il fai da te, all’interno del magazzino di stoccaggio e sugli scaffali dell’esercizio commerciale, non erano conformi alla normativa europea sulla sicurezza. Merce di vario genere riportava anche un marchio Ce e simboli falsificati, in violazione al codice del consumo. Tra le altre irregolarità anche la presenza di due lavoratori in nero su tre.

Tutte queste illiceità sono costate al titolare del centro commerciale una denuncia alla Procura di Palermo per contraffazione ed utilizzo di segni mendaci e una segnalazione alla Camera di Commercio e all’ispettorato del Lavoro.

La lotta a reati di questo tipo rimane priorità dei finanzieri della compagnia provinciale di Palermo, a tutela della legalità economico-finanziaria, della sicurezza e della salute dei consumatori.

Infatti contestualmente all’operazione balestratese di oggi, un altro blitz nel palermitano ha portato le fiamme gialle in un negozio cinese di Termini Imerese, con un’altrettanta vasta mole di illeciti sanzionati e ben 33 mila prodotti cosmetici non a norma e buttati giù dagli scaffali.

Va altresì notato che nel corso dell’ispezione di Balestrate, i militari hanno sanzionato la vendita di migliaia di articoli privi delle indicazioni in italiano sulle etichette. Un fatto che evidentemente caratterizza molte operazioni d’impresa commerciali cinesi anche al di fuori dell’Italia. In diverse città del Canada, per esempio, nelle zone conosciute come ChinaTown — a folta presenza, ma non esclusiva, di cinesi, frequentate dunque anche da consumatori di altra nazionalità — non solo i prodotti, ma anche le segnaletiche, i tabelloni, le insegne, non solo all’interno dei negozi ma anche su strada o sulle tabelle delle fermate dei bus, sono scritte in cinese, senza un minimo di traduzione in altra lingua. A differenza dell’Italia, in Canda il tutto avviene con il più o meno tacito consenso delle istituzioni.