Assolto da 30 anni, non gli ridanno la casa. L’incredibile storia dell’alcamese Mario Lipari

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Venne assolto con formula piena circa 30 anni fa ma il procedimento di sequestro dei beni non venne fermato perché in Italia, una delle storture del sistema giudiziario, le due strade camminano in maniera parallela e ognuna per conto suo. Così a Mario Lipari, autotrasportatore alcamese adesso in pensione, si vide confiscare 25 anni fa, dopo essere stato assolto, le sue abitazioni. I due sgomberi, quello ad Alcamo Marina in zona Catena e l’altro, più recente, nel 2015, in Viale Europa ad Alcamo furono abbastanza travagliati. Nell’ultimo caso la moglie dell’uomo, cardiopatica, accusò un malore e venne ricoverata in ospedale. Da allora sono trascorsi altri sette anni e la famiglia di Mario Lipari, assolto trent’anni fa, non riesce più a riavere la loro casa, quella in cui abitava, l’unica che aveva. Contro la confisca l’avvocato Saro Lauria aveva presentato ricorso.

Ricorsi e controricorsi, appelli e controappelli. L’istanza è stata rigettata anche perché, nel frattempo, la confisca è diventata definitiva. I familiari dell’uomo, denunciato per associazione mafiosa nel 2005, finito sotto processo e poi assolto, non sanno più a che santo votarsi. L’unica strada giudiziaria da percorrere è adesso quella che porta alla revisione del processo di confisca. Ma qui siamo esattamente al ‘cane che si morde la coda’. Infatti la revisione è prevista soltanto quando siano sopraggiunti nuovi elementi indiziari in grado di riaprire il processo. E qui casa l’asino. Cosa riaprire se la sentenza di assoluzione di Mario Lipari è arrivata prima della confisca definitiva dei suoi beni? Proprio questa consecutio temporale aveva prodotto la censura del procedimento avanzato dall’avvocato Lauria.

Intanto il processo per ottenere la revisione è stato aperto. Un aiuto potrebbe arrivare o da un cavillo giudiziario o dalla riscrittura delle leggi in materia di confisca dei beni. Intanto sono trascorsi circa trent’anni dall’assoluzione e Mario Lipari, cosa che probabilmente può capitare soltanto in Italia, è sempre senza la sua casa. Nel lungo iter processuale si è registrata anche la rinuncia di un giudice, lo stesso che aveva respinto l’istanza, presentata sempre dall’avvocato Saro Lauria, per conto dell’alcamese Benedetto Labita per riottenere i propri beni dopo l’assoluzione per mafia. Qui si arrivò invece al lieto fine con la Cassazione che sentenziò che dovevano essere restituiti quegli immobili confiscati.