Un altro caso. L’ennesimo. Ancora una donna picchiata, minacciata, annientata tra le mura domestiche. A Balestrate un uomo di 66 anni è finito in carcere con l’accusa di maltrattamenti e lesioni aggravate nei confronti della moglie, dopo anni di soprusi fisici, psicologici ed economici. La violenza è esplosa nell’ultima lite: calci, bastonate e minacce di morte. La vittima questa volta però è riuscita a fuggire e a raccontare tutto ai Carabinieri. Il quadro tracciato è drammaticamente noto: controllo assoluto sulla moglie, anche del denaro, isolamento, paura costante. Una prigione domestica, dove ogni giorno si consumava un reato.
Ma questa volta c’era una prova: una registrazione audio fatta col cellulare, nascosto durante l’ultima aggressione. Il telefono è rimasto in casa nella fuga, ma i militari – allertati immediatamente – si sono precipitati nell’abitazione. Lì, la scoperta. L’uomo era ancora in casa, con due pistole cariche a portata di mano. Una nascosta sotto il cuscino del divano, l’altra poggiata su un ripiano in camera da letto. Armi regolarmente detenute, ma pronte a fare fuoco. Una tragedia evitata per un soffio. I Carabinieri hanno sequestrato le pistole e recuperato il cellulare, contenente l’audio dell’aggressione, documento chiave per l’arresto. Con quelle prove, la Procura di Palermo – Dipartimento tutela vittime vulnerabili – ha fatto scattare l’arresto in flagranza differita, previsto dal Codice Rosso, norma pensata proprio per garantire tutela immediata alle vittime di violenza domestica anche quando il reato non viene colto nell’atto. Il giudice ha convalidato il provvedimento e disposto la custodia cautelare in carcere. Un epilogo che rivela un’urgenza assoluta: fermare la violenza prima che diventi irreparabile.