Appello ‘Cemento del Golfo’, sentenza non depositata. 7 mesi di ritardo

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Il 26 ottobre scorso, più di 10 mesi fa, la corte d’appello di Palermo, nell’ambito dell’operazione antimafia ‘Cemento del Golfo’, aveva confermato la sentenza di primo grado nei confronti del castellammarese Mariano Saracino e di altre tre persone, tra cui l’imprenditore alcamese Vincenzo Artale, arrestati, nel marzo del 2016. Qualche giorno prima, la stessa corte, su eccezione sollevata dall’avvocato Nicola Gervasi, difensore di Saracino, aveva dichiarato inammissibile l’appello proposto dalla procura contro la sentenza di primo grado che non aveva riconosciuto, per gli imputati, il 416 bis.

La cosa invece strana, anche difficile da comprendere, è che il dispositivo della sentenza d’appello, che sarebbe dovuto essere pronto entro il 25 gennaio scorso, i termini previsti sono appunto di 3 mesi, non è stata ancora depositata. Il tribunale, inoltre, continua a decretare altri rinvii, di tre mesi in tre mesi. Ad onor del vero c’è stato un serio problema di salute per un relatore ma il tribunale non ha girato l’incarico agli altri due.

I legali degli imputati hanno ben poco da fare, possono soltanto presentare un ricorso al CSM, operazione che nella pratica non avrebbe alcun riscontro. I condannati, dal canto loro, assieme ai familiari, chiedono di conoscere i particolari della sentenza di condanna in appello.

Fra l’altro, alla luce degli sconti di pena che vengono automaticamente assegnati ogni anno, i due Badalucco, Martino e Vito, arrestati nel 2016 e condannati a circa 8 anni ciascuno, sarebbero quasi a fine pena. Più pesante, invece, la condanna per Mariano Saracino, dieci anni, due mesi e 4.000 euro di multa. E’ già tornato in libertà l’alcamese Vincenzo Artale, imprenditore del cemento. Nei tribunali e nelle procure il personale è alquanto carente. Questo però non giustifica l’attesa di più di 10 mesi per il dispositivo di una sentenza e un ritardo, sui termini previsti, di oltre 7 mesi.