Alcamo-Voto di scambio, la difesa di Papania: “Nessuna prova”

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Congetture e presunzioni di responsabilità. Non ci sarebbe alcuna prova che l’ex senatore alcamese Nino Papania (nella foto a destra) sarebbe stato il deus ex machina che avrebbe portato avanti il sistema del controllo del voto alle scorse elezioni amministrative del 2012 ad Alcamo e che ha spinto alla vittoria il suo candidato sindaco Sebastiano Bonventre per soli 39 voti di scarto rispetto al suo antagonista Niclo Solina del movimento Abc. Questa la tesi, secondo quanto si legge dal Giornale di Sicilia, dell’avvocato difensore dell’ex parlamentare, Vincenzo Catanzaro, ascoltato ieri davanti al Gup Lucia Fontana che dovrà pronunciarsi sulle richieste a vario titolo di rinvio a giudizio e condanne inoltrate dalla Procura di Trapani nei confronti di Papania e di altri 6 indagati per la vicenda del presunto voto di scambio alle comunali di 4 anni fa. “Si tratta di giudizi di probabilità in quanto sul piano della prova il processo non ha offerto nulla – ha evidenziato Catanzaro -. Non può ritenersi la responsabilità dell’ex senatore Papania dovendo dare applicazione al principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio”. Con Papania, nei cui confronti è stata inoltrata la richiesta 2 anni e 4 mesi di reclusione, sono finiti tra gli altri sotto accusa anche il suo fedelissimo braccio destro, Massimiliano Ciccia, e il consigliere comunale Antonio Nicolosi (nella foto a sinistra). La Procura avrebbe appurato un sistema politico, posto in essere dall’entourage a sostegno del sindaco Sebastiano Bonventre, che aveva lo scopo di portare voti allo stesso ex primo cittadino per la sua elezione. Per tutti l’accusa è a vario titolo di “voto di scambio” e “associazione a delinquere”. I 7 protagonisti della vicenda giudiziaria, secondo la ricostruzione dei fatti, avrebbero posto in essere un sistema tale “al fine di ottenere a vantaggio del candidato sindaco Bonventre e delle 5 liste allo stesso collegate il voto elettorale, promettendo persino alimenti destinati agli indigenti attraverso il banco delle opere di carità”. Un’inchiesta che avrebbe scoperchiato uno scandalo dietro un altro, almeno secondo l’accusa: dalle indagini alcuni sostenitori di Bonventre si sarebbero accaparrati, tramite alcune associazioni onlus a loro riconducibili, “consistenti derrate alimentari presso il Banco delle Opere di Carità Sicilia che poi facevano distribuire nel periodo immediatamente precedente la campagna elettorale e fino a quando non avevano luogo le operazioni di voto a famiglie alcamesi non abbienti in cambio della promessa di voto”.