La vicenda ha dell’incredibile e conferma lo stato comatoso in cui si trova il Comune di Alcamo dove la politica latita, impegnata molto spesso in discussioni che lasciano il tempo che trovano, strombazzate ai quattro venti con comunicati stampa, che invece di trovare ospitalità nei mass media andrebbero cestinati per non creare disinformazione. Non ci può essere traccia nei comunicati del Palazzo dell’incredibile vicenda dello stadio sant’Ippolito, che per fortuna qualche giornalista ha portato all’attenzione dell’opinione pubblica, perché le notizie vanno cercate fuori dal Palazzo o dalle segreterie di partiti o movimenti per evitare di ammannire veline. Dopo un tira e molla durato quasi un anno nei giorni scorsi finalmente è arrivato il collaudo del sant’Ippolito, (spesi 700 mila euro), che va intitolato a Nonò Cilluffo. L’ impianto, in una città carente di strutture, finalmente funzionale. Per la gioia di tante squadre di calcio, costrette a peregrinare tra Balestrate, Calatafimi e Castellammare, con aggravio dei costi, provocato dal versamento di 50 euro per usare lo stadio. Ebbene nel disastrato Comune di Alcamo una cosa solo non è carente: il personale con pianta organica di quasi 700 unità. Ebbene il Comune non è in grado di aprire il sant’Ippolito, il sabato e la domenica, quando solitamente si giocano le partite, perché (udite… udite…) non ha la disponibilità di personale. Ci pensi Faro Longo, di recente nominato consulente per il personale, a cercare di sbrogliare la matassa perché è vergognoso che i cancelli restino chiusi. Il dottor Longo, funzionario di lungo corso in pensione, potrebbe iniziare con il placet del commissario Arnone a far girare il personale, iniziando immediatamente da chi gestisce il settore dell’impiantistica sportiva. Quella della riorganizzazione del personale è impresa sempre annunciata ma arenatasi a causa del clientelismo politico. Una riorganizzazione per ridare slancio agli uffici si impone da tempo revisionando i turni del personale in modo da garantire anche la funzionalità, in questo caso del sant’Ippolito, il sabato e la domenica. Operazione in apparenza semplice perché mancando la volontà polico-dirigenziale si rischia che il sant’Ippolito diventi una cattedrale nel deserto. E il grande Totò direbbe: “E io pago”.