Alcamo, diffamazione. Archiviazione per Massimo Fundarò

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Nè diffamazione. Né procurato allarme. Per tale motivo il gip del tribunale di Trapani ha decretato ieri l’archiviazione per tale ipotesi di reato nei confronti dell’alcamese Massimo Fundarò, ex deputato nazionale dei Verdi e da alcuni anni presidente dell’associazione ambientalista Ecò. Fundarò era stato querelato anche per calunnia. Archiviazione anche per Gioacchino Genchi, ex dirigente regionale ed esperto in materia ambientale. All’archiviazione si erano opposti i querelanti: Vincenzo D’Angelo, noto imprenditore del settore dei rifiuti e la moglie Rosanna Prestigiacomo. La vicenda riporta alla memoria un incubo vissuto dagli alcamesi il 30 luglio del 2017, quando un incendio scoppiò nell’impianto, per il trattamento polifunzionale di rifiuti non pericolosi da raccolta differenziata e indifferenziata, di contrada Citrolo. Anche questa indagine è stata recentemente archiviata pertanto restano ignote le cause, che vanno ad allungare i misteri di Alcamo. Squadre di vigili del fuoco, con l’aiuto di Canadair ed elicotteri, impiegarono oltre 36 ore per spegnere le fiamme mentre una nube nera avvolse la città di Alcamo, propagandosi per buona parte della Sicilia occidentale. Gli alcamesi vennero invitati a tapparsi in casa e spegnere i condizionatori d’aria. Una scena vista decine di volte in tutta Italia per la frequenza con la quale vanno a fuoco impianti per l’ammasso o lavorazione di rifiuti. Incendi per i quali spesso restano un giallo le cause che lo hanno determinato. Stessa cosa si verifica ad Alcamo. Vincenzo D’Angelo, assistito dall’avvocato Vincenzo Abate, nella qualità di persona offesa presentò denuncia alla procura contro ignoti. Da tutti gli accertamenti emerse che l’impianto era in perfetta regola. E non essendo stati ravvisati soggetti esterni di recente è scattata l’archivia zione. Le cause del rogo sono destinate a restare un mistero. Una ipotesi fatta allora lo scoppio di un incendio di sterpaglie che poi si sarebbe propagato all’impianto. Massimo Fundarò e Gioacchino Genchi promossero, il giorno dopo, un’assemblea durante la quale manifestarono preoccupazioni e avanzarono ipotesi e sulle conseguenze dell’incendio. Vincenzo D’Angelo e la moglie sentendosi diffamati presentarono querela, che ora è stata definitivamente archiviata. Secondo il gip “Fundarò e Genchi “si sono limitati ad esprimere la propria opinione senza attribuire la responsabilità ai titolari dello stabilimento e pertanto non hanno leso la loro onorabilità”. L’imprenditore Vincenzo D’Angelo ha sempre sostenuto che “non ci poteva essere e non può esserci inquinamento poiché venivano lavorati rifiuti non pericolosi”, quantificando i danni in otto milioni di euro. Le fiamme distrussero 70 mila tonnellate di materiale su una capacità di stoccaggio di 128 mila tonnellate. Il rogo va ad allungare la lista dei misteri di Alcamo. Come quelli al teatro Cielo d’Alcamo, all’ufficio comunale della Promozione sociale, a sei autobus della Segesta in contrada Furchi, l’attentato incendiario contro le case di villeggiatura di Alcamo Marina di due allora dirigenti dell’Ufficio tecnico comunale e per ultimo l’attentato contro l’associazione Mivas che rase al suolo il magazzino e tutti i costumi frutto di oltre 10 anni di lavoro. Da oltre un anno l’impianto di contrada Citrolo è stato autorizzato alla lavorazione dei rifiuti solidi urbani, dove vengono smaltiti quelli delle province di Trapani e Agrigento