A un passo dal baratro. Così si trova oggi l’IPAB “A. Mangione” di Alcamo, conosciuta come “Boccone del Povero”, simbolo ultracentenario del welfare cittadino, ora strozzata da debiti, stipendi non pagati e minacce di sfratto per gli ospiti. Le convenzioni con il Comune di Alcamo per l’ospitalità di anziani indigenti e disabili psichici scadono oggi, in assenza di un DURC regolare – il Documento Unico di Regolarità Contributiva – l’Ente rischia di perdere i fondi pubblici e di dover chiudere i battenti. La crisi viene da lontano. L’ente è sotto commissariamento regionale dall’agosto 2023.
Il commissario Rosario Candela ha ereditato una situazione drammatica: un buco finanziario che ha toccato quota due milioni, personale ridotto all’osso, bollette e tributi arretrati, e un DURC sospeso che impedisce qualsiasi forma di sostegno pubblico. A maggio Candela ha chiesto al sindaco di Alcamo di azzerare o ridurre sanzioni e interessi sui debiti IMU e TARI, ma la risposta è stata un ultimatum: senza regolarizzazione, gli anziani dovranno essere trasferiti. Eppure, un segnale di risalita c’è stato. Grazie a un accordo con l’INPS e all’aiuto della Banca Don Rizzo, l’IPAB ha avviato la rateizzazione dei debiti e versato quanto necessario per sbloccare il DURC, mentre altre cartelle esattoriali risultano sospese perchè oggetto di pignoramento presso terzi. Altre somme residue devono invece essere incassate tramite compensazione per importi dovuti dal comune di Trapani.
Ma ora pesa una nuova minaccia: due decreti ingiuntivi da parte degli ex direttori, Mario Ferrara e Giovanni Cangemi, che rivendicano somme a titolo di compensi relativi a parte del periodo della loro reggenza. La stessa sotto la quale – secondo il commissario Candela – sono esplosi i debiti e sono scomparsi i bilanci. Il tutto mentre l’Ente non riesce nemmeno a pagare gli stipendi di inservienti e suore. Candela ha chiesto ai legali di presentare un’istanza urgente per la sospensione dell’esecuzione forzata, definendo i decreti “un pregiudizio grave e irreparabile” per la sopravvivenza della struttura.
Intanto, 30 ospiti – molti gravemente malati, senza famiglia, senza mezzi – rischiano di finire per strada. Alcuni versano rette da 620 euro, frutto della pensione. Ma senza i fondi pubblici il sistema crolla. E mentre la Mangione affoga nei debiti di una cattiva gestione protratta per anni, i suoi stessi ex dirigenti bussano alla porta per riscuotere indennità che fanno invidia a un dirigente dipartimentale. Un grottesco assalto alla diligenza, nel momento in cui la diligenza rischia di non avere più cavalli, passeggeri né meta.