Appalti nella sanità siciliana, scattano dieci misure cautelari. Spunta il nome di Vincenzo Spera

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La gestione degli appalti nella sanità siciliana sarebbe stata in mano a un comitato d’affari criminale composto da dirigenti pubblici, lobbisti, imprenditori del settore di livello nazionale e loro collaboratori legati da contiguità con esponenti politici di rilievo: l’ennesimo scandalo in un settore più volte finito nel mirino degli inquirenti è stato scoperto dalla Procura di Palermo che ha chiesto e ottenuto dal gip misure cautelari per 10 indagati. Nella richiesta i magistrati, che ipotizzano turbative d’asta di gare per 130 milioni parlano di una sanità “affetta da una corruzione sistemica”. L’inchiesta, che è l’ultimo capitolo di una maxi indagine degli anni scorsi sugli appalti truccati nella sanità portata avanti dai Pm coordinati dal procuratore Maurizio de Lucia, è stata condotta dalle Fiamme Gialle del comando provinciale Palermo che hanno dato esecuzione a un’ordinanza applicativa di misure cautelari personali dopo gli interrogatori preventivi, ora previsti per legge, disposti dal gip nei confronti degli indagati accusati, a vario titolo, di corruzione, turbata libertà degli incanti, turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente, emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Agli indagati sono state notificate misure cautelari che vanno dagli arresti domiciliari, agli obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria, agli obblighi di dimora e ai provvedimenti interdittivi.

Nell’inchiesta che ha scosso la sanità siciliana, emerge anche il nome di Vincenzo Spera, ex commissario straordinario dell’Asp di Trapani. Secondo l’ordinanza, sarebbe stato destinatario di pressioni da parte del commercialista Antonio Maria Sciacchitano per favorire la ditta Polygon S.p.A. in una gara d’appalto. Sciacchitano avrebbe anche tentato di influenzare le verifiche antimafia tramite il RUP Francesco Costa. La nomina di Spera alla guida dell’Asp, nel luglio 2022, sarebbe stata vista come un’opportunità strategica per il presunto comitato d’affari.

Per avvantaggiare le imprese amiche i pubblici funzionari coinvolti avrebbero anticipato ai loro referenti documentazione riservata relativa a gare ancora da bandire, avrebbero costruito capitolati su misura sulla base delle indicazioni ricevute dagli interlocutori arrivando ad annullare i bandi non graditi alle stesse imprese. L’inchiesta ha anche svelato manovre volte a condizionare la formazione delle commissioni aggiudicatrici, inserendo componenti ritenuti “affidabili”.

In cambio di ciò, ai pubblici ufficiali sarebbero state date o promesse tangenti collegate al valore delle commesse e, talvolta, mascherate da accordi di consulenza, o sarebbero stati garantiti loro favori come assunzioni di familiari.