Ristoratore alcamese accusato di gravi violenze, assolto con formula piena  

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Assolto con formula piena, ‘perché il fatto non sussiste’. Questa la conclusione del processo che ha visto protagonista il noto ristoratore alcamese titolare di un ristorante nei pressi del Collegio dei Gesuiti, imputato di maltrattamenti aggravati e lesioni nei confronti dell’ex compagna e della figlia minore di lei. Il processo si è concluso il 4 giugno davanti al collegio presieduto dal dott. Enzo Agate, con i giudici Enrico Restivo e Gaspare Sammartano. Il pubblico ministero aveva chiesto una condanna a 4 anni e 2 mesi di reclusione.

Le accuse, durissime, risalgono al maggio dello scorso anno: secondo la querela presentata dalla donna, l’uomo l’avrebbe ripetutamente aggredita, insultata e picchiata anche in presenza della figlia, in un contesto di continua sopraffazione psicologica e fisica. Tra gli episodi più gravi contestati e adesso smentiti dalla sentenza di assoluzione: testate, pugni, tentativi di soffocamento, lesioni con prognosi di 7 giorni che si sarebbero scatenati dopo un cuoricino su un social network della donna che il compagno avrebbe mal digerito. Anche la figlia minorenne della donna, sarebbe stata vittima dell’aggressione, l’uomo -sostiene l’accusa- le avrebbe torto le dita della mano. La donna aveva anche denunciato pressioni sessuali e un controllo ossessivo nei suoi confronti. Disposti a carico dell’uomo l’allontanamento da casa e l’uso del braccialetto elettronico. Ma in aula la difesa – rappresentata dagli avvocati Giuseppe e Dario Mannina, con la consulenza della dott.ssa Marina Gubinelli – ha ribaltato completamente la ricostruzione accusatoria.

Una consulenza informatica ha escluso il coinvolgimento dell’imputato nei fatti contestati e ha fatto emergere, al contrario, comportamenti aggressivi da parte della querelante. L’uomo, secondo i difensori, era la reale vittima. La donna lo avrebbe calunniato per questioni di gelosia. Il collegio ha disposto l’immediata revoca della misura cautelare e l’invio degli atti alla Procura ordinaria e minorile per valutare le testimonianze della donna e della figlia. Caduta anche la richiesta di risarcimento da 200mila euro: la parte civile si era costituita sia per sé sia per la figlia minore. “È stata restituita dignità a un uomo ingiustamente accusato”, hanno commentato i legali del ristoratore alcamese.