Strage di Alkamar, uccisi forse per aver scoperto qualcosa. La Commissione Antimafia parla di omissioni e superficialità

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A fine legislatura, il 13 settembre scorso, la commissione parlamentare antimafia, presieduta dal senatore Morra, ha approvato la relazione sulla strage di Alcamo Marina del 27 gennaio 1976. In quella triste e indimenticabile notte vennero uccisi, all’interno della casermetta dei carabinieri, il castelvetranese Salvatore Falcetta, 37 anni, e il giovanissimo campano Carmine Apuzzo. La commissione ha subito messo per iscritto che la scena del delitto risultava molto complicata. Apuzzo disteso nella sua brandina, il corpo di Salvatore Falcetta è, in parte, sotto il suo letto.

Vi sono alcuni particolari che colpiscono particolarmente – scrive la commissione parlamentare antimafia -: la porta della caserma aperta con l’uso di una fiamma ossidrica, il filo del telefono tagliato e la autovettura di Falcetta, posta all’interno del recinto messa sostanzialmente fuori uso. Le prime indagini virano verso la galassia della sinistra extra-parlamentare. Tra le centinaia di perquisizioni una viene operata a casa di Peppino Impastato. Poi l’arresto di Vesco, che sarebbe stato torturato, porta al rinvenimento di altri reperti trafugati dalla caserma. Quindi gli altri arresti, quelli di Santangelo, Ferrantelli e Mandalà.

Trentadue anni dopo il delitto, nel 2008, le indagini per il duplice omicidio di Alcamo Marina vengono riaperte per arrivare all’assoluzione di tutti. Alla fine del 2008 e poi nel 2009, racconta ancora la relazione della commissione parlamentare antimafia, venne sentito un poliziotto del Commissariato di Alcamo, Antonio Federico, che rivela un movente alternativo per la strage: i due carabinieri si sarebbero imbattuti casualmente, durante un controllo di routine, in un traffico di materiale radioattivo e armi che avrebbe dovuto rimanere occulto. L’intera scena del crimine sarebbe stata artefatta e i due carabinieri non sarebbero stati sorpresi nel sonno.

La commissione parlamentare antimafia ha sentito l’11 febbraio 2020 Giuseppe Gulotta, il quale ha ribadito il suo racconto della drammatica vicenda vissuta: dapprima il suo arresto e poi la sua condanna. Pur affermando di essere stato ormai definitivamente assolto a seguito di giudizio di revisione e di avere ottenuto un risarcimento da parte dello Stato egli, unitamente al giornalista Nicola Biondo, ha richiesto l’intervento della commissione perché venisse accertata la verità in merito a quanto accaduto nella notte tra il 26 e il 27 gennaio 1976. Così è stato costituito un gruppo di lavoro divenuto operativo il 20 dicembre 2021.

E’ stata avviata un’imponente opera di acquisizione documentale, anche le carte relative al ritrovamento, nel 1993, dell’arsenale di armi e munizioni nell’abitazione degli ex carabinieri Bertotto e La Colla (i due sarebbero poi stati condannati). La commissione parlamentare ha quindi confermato come alcuni aspetti delle indagini inspiegabilmente non siano stati approfonditi. Uno di questi la connessione, venuta fuori anche da alcune intercettazioni telefoniche, tra il duplice omicidio di Alcamo Marina ed uno dei carabinieri che gestiva proprio quell’arsenale scoperto nel 1993. Quale possibile causa del duplice omicidio si è anche ipotizzato un traffico verso la Libia di materiale fissile, cioè in grado di provocare fissioni nucleari a catena,  in atto dal 1976 e proseguito, perlomeno, sino al 1993: i due militari sarebbero incappati in un carico e, per evitare il rischio di diffusione della notizia, data la sua estrema delicatezza, sarebbe stata decisa la loro uccisione. Nulla di interessante è invece stato raccolto nell’ambito della pista Gladio.

La commissione, nell’augurarsi che il lavoro possa essere continuato dal nuovo parlamento, ha comunque segnalato strane e singolari omissioni e superficialità nelle indagini. Resta quindi il mistero e il 27 gennaio prossimo si celebrerà il 47ennale di una strage senza colpevoli.