Strage di Alcamo Marina. Falle nelle indagini, mai sentiti in aula i giovani che erano stati sul posto

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Una notte di tempesta, raffiche poderose di vento, tuoni, fulmini e pioggia a dirotto. Questo lo scenario, adatto a una misteriosa tragedia, di quella notte fra 26 e 27 gennaio del 1976 durante la quale vennero uccisi due carabinieri ad Alcamo Marina, Carmine Apuzzo, campano non ancora ventenne, e Salvatore Falcetta, castelvetranese di 37 anni. Una notte da lupi capace di fagocitare la verità e di tenerla ancora nascosta dopo quasi mezzo secolo. Quella strage rappresenta uno dei misteri più fitti d’Italia: non ci sono colpevoli, non ci sono moventi, non ci sono reali volontà di fare chiarezza. C’erano dei processati, condannati all’ergastolo, che sono stati scagionati e assolti con i relativi processi di revisione che hanno fatto scattare mega-risarcimenti per ingiusta detenzione. Tantissimi i misteri che avvolgono quell’attacco allo Stato, alla divisa dell’Arma.

Qualcuno tutt’oggi sostiene che la scena del delitto venne sistemata, cadaveri compresi e porta bucata con la fiamma ossidrica, dopo che i due carabinieri erano stati uccisi chissà per quale motivo, chissà da chi. C’è qualcuno che ancora oggi, dopo 48 anni, non riesce a partecipare alle commemorazioni e nemmeno ad alzare lo sguardo, e guardare l’immobile della casermetta, quando passa lì davanti. È uno dei due giovani dell’epoca che quella notte di tempesta si erano andati a trovare i due carabinieri. Un pasto frugale e poi alcune partite a carte in tranquillità. I due militari non palesavano alcun segnale di nervosismo. Nulla di strano si era quindi verificato. Lui e il suo amico, adesso settantenni, rappresentano la prima falla delle indagini. Di loro spontanea volontà, non appena si diffuse la notizia dell’eccidio, si recarono in caserma per dire che erano stati ad Alcamo Marina con Apuzzo e Falcetta. Da allora non vennero più sentiti dagli inquirenti e mai vennero chiamati a testimoniare in aula, durante i processi. Proprio loro che erano state le ultime due persone ad essere state sulla scena del delitto. Poi il poco probabile suicidio di Giuseppe Vesco, il personaggio cardine della vicenda, impiccatosi in carcere nonostante fosse debilitato e per di più in possesso di una sola mano. Una montagna appositamente costruita, chissà da chi e per quali motivi, per soffocare ogni barlume di verità.

Falle nelle indagini, depistaggi, sentenze, contro sentenze, decisioni, smentite. Poi c’è chi continua a lottare per la verità, a leggere verbali, a ritrovare anche oggetti che potrebbero dire ancora qualcosa, ad inviare dossier ed esposti alla procura. Tutto però rimbalza come su un muro di gomma e ritorna indietro. Questa è la strage della casermetta di Alcamo Marina che, fra dieci giorni, celebra i suoi 48 anni.