Tre assoluzioni e due condanne. Si è concluso così il processo ordinario di primo grado per gli imputati coinvolti nell’operazione antimafia ‘Ruina’ messa segno, sul territorio di Calatafimi, dalla Squadra Mobile di Trapani nel 2020. Assolto Salvatore Barone, dirigente al comune di Trapani e presidente della cantina Kaggera, per il quale il pubblico ministero aveva chiesto ben 16 anni di reclusione. L’uomo era accusato di operazioni illecite nei conti della cantina finalizzate al riciclaggio e alla gestione di affari economici. Assoluzione anche per l’enologo marsalese Leonardo Urso e per Stefano Leo con quest’ultimo che subito dal Pm una richiesta a 18 anni di reclusione.
Due invece le condanne ma anche qui con verdetti che hanno alleggerito le richieste avanzate da Pierangelo Padova della procura distrettuale antimafia di Palermo. Giuseppe Aceste è stato condannato infatti a 13 anni di reclusione, rispetto ai 20 anni richiesti dall’accusa, e Giuseppe Fanara a 12 anni e sei mesi, a fronte di una richiesta di 18 anni. I due erano anche accusati di un attentato intimidatori ai danni dell’imprenditore Craparotta. Il Tribunale, presieduto dal giudice Troja, non ha praticamente riconosciuto alcune aggravanti che erano state ipotizzate dal pubblico ministero. La sentenza è arrivata quasi in contemporanea con quella della Cassazione che ha quasi confermato in toto il giudizio di appello a carico degli imputati che avevano scelto il rito abbreviato. L’indagine, condotta dalla Squadra mobile di Trapani, ha fatto luce su un sistema di collusioni tra mafia e politica, con epicentro tra Calatafimi e i comuni circostanti. Le indagini, scaturite nell’operazione del 2020, hanno messo in luce una stretta connessione tra mafia, politica e affari, con particolare riferimento all’influenza della famiglia mafiosa di Vita nella gestione delle attività economiche locali tramite accordi pilotati.