Respinta richiesta risarcimento. Motivazioni: “Gulotta già risarcito. Torture non provate”

0
457

Le motivazioni della sentenza della seconda sezione civile del tribunale onorario di Firenze fanno chiarezza su alcuni passaggi, ancora poco chiari, che hanno contraddistinto la lunga e tribolata vicenda delle indagini sulla strage della casermetta dei carabinieri avvenuta ad Alcamo Marina nel gennaio del 1976.  Uno degli imputati dell’epoca, condannato poi all’ergastolo e poi assolto con sentenza di revisione nel 2012 dal tribunale di Reggio Calabria, Giuseppe Gulotta aveva presentato istanza di risarcimento, per un totale di 66.541.644, allo Stato e in particolare ai ministeri dell’interno, della difesa, delle finanze a alla presidenza del consiglio dei ministri.

In estrema sintesi la corte di Firenze ha rigettato l’istanza presentata dagli avvocati Saro Lauria e Pardo Cellini perché Gulotta ha già ricevuto un risarcimento e per di più nella misura massima prevista. Le motivazioni della sentenza del 5 luglio scorso fanno anche una sintesi delle indagini portate avanti dai carabinieri nell’immediatezza di quel terribile eccidio. In quegli interrogatori, scrivono i giudici di Firenze, Gulotta non disse mai di essere stato portato alla caserma di Sirignano, non disse di aver subito la tecnica della cassetta (tortura con acqua e sale), ma di aver ricevuto schiaffi, pugni tirata di capelli. Nonostante il magistrato contestò la sproporzione tra quel tipo di vessazione e le conseguenze della confessione di due omicidi la corte calabrese, nel processo di revisione del 2012, revocò la sentenza di condanna all’ergastolo di Giuseppe Gulotta sulla base dell’inutilizzabilità della chiamata in correità del Vesco e delle stesse confessioni estorte con la tortura. La corte fiorentina che ha rigettato l’istanza del super risarcimento ha quindi sostenuto che già l’uomo aveva ricevuto, nel 2014, 6.530.031 euro per errore giudiziario, ingiusta detenzione per 826 giorni di carcere (poi lavoro all’esterno, permessi mensili e liberazione anticipata), danno morale, esistenziale e anche patrimoniale.

L’avvocatura dello Stato che ha difeso i ministeri citati in giudizio, ha anche osservato che nella motivazione della sentenza di revisione non è stato scritto espressamente che per Gulotta quella tortura della ‘cassetta’ non c’era stata: “le vessazioni furono di entità e natura diversa rispetto a quelle alle quali furono sottoposti gli altri”. La tecnica della cassetta venne raccontata da Renato Olino, teste chiave della sentenza di revisione, ed è stata riferita dallo stesso al 12 febbraio del 1976 quando era già buio. Ma la perquisizione in casa di Santangelo, scrive la difesa dello Stato, venne eseguita alle 16,30 e quindi prima di quelle torture. Giuseppe Vesco avrebbe quindi fatto prima quel nome. Misteri sulle indagini, depistaggi, interessi, risarcimenti e misteri ancora intatti dopo quasi mezzo secolo.