Siamo certi che non esistessero altri termini per denominare il prossimo imminente anticiclone “Apocalisse”? La scelta di tali nomi, in maniera certamente involontaria, non potrebbe ingenerare panico e ansia tra la gente? Vero è che la prossima ondata di calore eccezionale potrebbe toccare anche punte vicine ai 50 gradi, ma denominare il tutto Apocalisse, che tradotto significa ‘fine del mondo e quindi morte’, può considerarsi professionalmente corretto? Quanto può incidere la precisa scelta delle parole utilizzate nella comunicazione? Una riflessione che concerne i più svariati campi: dalla meteorologia al giornalismo, passando per il linguaggio istituzionale.
Le incessanti notizie sui contagi da Covid19, sulla guerra in Ucraina, le crisi economiche e i cambiamenti climatici sembrano accompagnare, ormai, la quotidianità di ciascuno insieme agli aggiornamenti circa il numero dei morti per la pandemia, i rifugi antiatomici o le pillole di iodio contro le radiazioni nucleari. Questo immenso “trita notizie”, accompagnato dalla spasmodica ricerca di aggettivi per incrementarne l’impatto, che effetto ha su chi ascolta? Di certo negativo tant’è, da un paio di anni a questa parte, i psicoterapeuti sembrano non avere più spazio per prenotare una visita. Secondo uno studio condotto dall’Università della Calabria, gli psicologi hanno registrato, negli ultimi due anni, un aumento del 60% dei pazienti con problemi di salute mentale, affetti, soprattutto, da ansia, depressione e disturbi del sonno.
Un’emergenza che ha portato all’emissione del c.d. “Bonus psicologico” che ha previsto lo stanziamento di 20 milioni di euro per finanziare e potenziare i servizi di neuropsichiatria infantile per l’infanzia e l’adolescenza, l’assistenza sociosanitaria alle persone affette da disturbi mentali e per l’assistenza per il benessere psicologico individuale e collettivo. Un cattivo uso delle parole da parte di chi dovrebbe veicolarle in maniera corretta, equilibrata e tecnica, sta creando un vero e proprio dramma, un circolo vizioso con gravi effetti sulla salute mentale degli utenti che ne subiscono il contenuto, i sentimenti e persino il tono di voce.
La situazione peggiora quando la comunicazione giornalistica e istituzionale viene poi trasferita sui social sui quali la divulgazione delle informazioni viene moltiplicata all’infinito. Gli esperti parlano, dal 2020 a questa parte, della tendenza di chi, ascoltando o leggendo cattive notizie, al fine di combattere il negativo stato d’animo, ne continua a leggerne altre. Diceva Carlo Levi, “le parole sono pietre”: hanno il potere anche di distruggere. Per questo i meteorologi avrebbero potuto evitare il termine “apocalisse” per denominare il prossimo anticiclone.