Una lunga e intensa requisitoria del sostituto procuratore Sara Morri ha aperto la fase conclusiva del processo Artemisia, quello scaturito dall’omonima operazione dei carabinieri messa a segno dai carabinieri in diversi centri del Trapanese. Fra questi anche Alcamo. Un’indagine che ha portato a processo numerosi politici, imprenditori, amministratori pubblici, medici dell’INPS e di strutture private, forze dell’ordine, tutti accusati, a vario titolo, di corruzione, favoritismi e anche di gestire una presunta loggia massonica segreta. L’imputato principale è l’ex deputato regionale castelvetranese Giovanni Lo Sciuto, medico e politico di lungo corso.
Fra coloro che sarebbero stati ai vertici del sistema, fra regali altri favori, anche il medico alcamese Saro Orlando, ex consigliere comunale democristiano di una trentina d’anni fa, poi direttore dei servizi medico-legali dell’INPS di Trapani e quindi a capo delle commissioni che rilasciavano le pensioni di invalidità. Fra i big sotto processo anche l’ex sindaco di Castelvetrano Felice Errante, i poliziotti Salvatore Passanante, Salvatore Virgilio e Salvatore Giacobbe, e Paolo Genco, uno dei più potenti membri in Sicilia nel settore della formazione professionale. Secondo la requisitoria del PM Morri, i rapporti tra gli imputati del processo Artemisia erano talmente radicati da somigliare a una fratellanza massonica: “Appena uno aveva un problema, gli altri si adoperavano per risolverlo senza remore. Tutti a disposizione dell’altro – ha sostenuto l’accusa –“.
Il sistema si occupava, tramite condotte affaristiche e clientelari, di appalti, favori e nomine in enti pubblici in cambio di sostegno elettorale. Pesantissime le parole del sostituto procuratore nei confronti di Lo Sciuto definito particolarmente dedito al crimine e capace di orientare il consenso elettorale con la corruzione. Sempre secondo l’accusa quando qualcuno si metteva di traverso alle richieste avanzate dall’asse Lo Sciuto – Genco sarebbero scattate pressioni e minacce come nel caso dell’ex assessore regionale Bruno Marziano, bersaglio di un’aggressiva politica, e di Loana Giacalone, dirigente scolastica, che non volle concedere le aule del suo istituto per un corso di formazione dell’ANFE, ente nelle mani di Paolo Genco.