Il porticciolo di Marinella di Selinunte è ancora intasato dalla posidonia. Inoltre, a ondate arriva anche un cattivo odore forse legato alle vasche di raccolta dei reflui fognari, situate sotto l’asfalto, proprio all’ingresso dello stesso approdo. I diportisti ma soprattutto i pescatori non ce la fanno proprio più. “Se entro la metà di settembre non vedremo i mezzi venire qui a fare il dragaggio come era stato promesso, riunirò i pescatori e andremo a trovare l’assessore Aricò in assessorato”. Lo ha detto il presidente del Comitato “Sacro Cuore di Maria”, Giacomo Russo, alla testata Castelvetrano News, chiedendo la bonifica immediata del del porto di Marinella di Selinunte dalla posidonia e quindi da un intasamento destinato a peggiorare con il prossimo maltempo. La promessa di un intervento urgente da parte del governo Schifani è rimasta finora vana.
L’assessore regionale Alessandro Aricò, nel marzo scorso, si era recato nella borgata marinara castelvetranese per rendersi conto del problema ma, nonostante il successivo tavolo tecnico e gli sventolati impegni finanziari di oltre 200 mila euro, tutto è rimasto immutato. La posidonia è ancora lì, anzi è anche aumentata. Adesso, ad estate praticamente archiviata, si ripropone il vecchio problema dell’intasamento da posidonia. E si riprende a parlare di quelle vecchie soluzioni che potrebbero evitare problemi e danni ai pescatori. Se ne parla da decenni: allungare il molo di ponente del porticciolo di Marinella. Di tale ipotesi, però, non esiste alcuna progettazione ma ne parlano soltanto i pescatori più anziani, quelli veramente esperti. Nel corso del tempo sono state avviate diverse forme di protesta: la più clamorosa il blocco stradale che impedì il passaggio delle auto nel pieno centro selinuntino. Adesso invece il comitato, qualora i lavori in somma urgenza non dovessero iniziare entro metà settembre, si dirigerà in massa all’assessorato regionale alla pesca. Intanto il porto di Marinella di Selinunte resta ancora intasato. La posidonia è tornata nello specchio d’acqua usato dalla marineria selinuntina, non soltanto nella zona visibile dello scalo di alaggio, ma anche in diversi altri punti in cui la profondità si è sensibilmente ridotta con susseguenti problemi di navigabilità dei pescherecci e di altre imbarcazioni.