‘Oro bianco’. Tre i processi, a Trapani otto imputati. Le loro posizioni stralciate dalla DDA

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Ha preso il via oggi al Tribunale di Trapani, il processo definito ‘Oro Bianco 2’ a carico di otto imputati coinvolti nell’operazione anti-droga che, nel 2021, fece luce su un vasto giro di stupefacenti  ad Alcamo. Si tratta di otto posizioni stralciate dal processo principale perché la DDA non le ha ritenute di sua competenza. Fra gli imputati imprenditori, macellai, un barbiere e anche un infermiere. A processo i fratelli alcamesi Vincenzo e Leonardo Renda, il figlio di quest’ultimo Mariano. Tutti e tre con precedenti per droga. Atri tre alcamesi, Ignazio Camarda, Livio Stabile e Girolamo Tartamella nonché i partinicesi Antonino Casarrubia e Marcello Provenzano.

E’ giunto invece alle prime fasi il processo ‘Oro Bianco 1’, altro ordinario a carico di altri imputati e che ruota sulla figura dell’incensurato Francesco Di Giovanni, padre di Giuseppe, già condannato in abbreviato. La corte presieduta da Franco Messina attende ancora il completamento della vastissima mole di intercettazioni. la prossima udienza è comunque fissata per il 27 novembre. La stessa operazione anti-droga è già sfociata in una prima sentenza, quella del processo con rito abbreviato. Sette le persone condannate. Diciassette anni, nove mesi e 10 giorni all’alcamese Giuseppe Di Giovanni, ritenuto dalla polizia, il capo dell’ organizzazione e già condannato nell’ambito dell’operazione antimafia Freezer. Otto anni ad un altro alcamese,  Antonino Vilardi. Diciassette anni, 9 mesi e 10 giorni al partinicese Gioacchino Guida. Altri alcamesi condannati, Nicolò Rocca a due anni e otto mesi; Francesco Camarda a 4 anni e 17mila euro di multa; Vincenzo Savallo a due anni più 10 mila euro di multa; Noemi Vilardi a dieci mesi e venti giorni più mille euro di multa.

Le indagini dell’operazione ‘Oro Bianco’, svolte dagli investigatori del commissariato di Alcamo, vennero avviate nella primavera del 2017 e proseguirono fino all’estate del 2019. Riuscirono a sventare un vasto traffico di droga dal Lazio alla Sicilia con esiti di approvvigionamento in Albania e in Sud-America. La droga, cocaina in particolare, chiamata in codice «bomboniera», venduta a dose tra i 70 e gli 80 euro, arrivava da Latina e da narcotrafficanti che operano nel centro Italia.