Omicidio Ruxandra, sentenza 17 gennaio. Torrente sapeva di un tatuaggio

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25 anni di reclusione per omicidio e occultamento di cadavere aggravato. Su questa richiesta e sull’intera ingarbugliata vicenda dell’uccisione di Ruxandra Vesco dovrà esprimersi la corte d’assise di Palermo con la sentenza fissata per l’udienza del 17 gennaio prossimo. Accuse pesantissime scaturite dalla requisitoria dei pm Enrico Bologna e Felice De Benedittis a carico di Damiano Torrente, pescatore palermitano dell’Acquasanta e personaggio certamente non molto limpido, accusato dell’omicidio dell’avvenente romena, adottata da una famiglia alcamese e residente ad Alcamo fino al 2014, quando scomparve nel nulla abbandonando marito e figlioletto.

Secondo la procura del capoluogo isolano il 48enne Torrente avrebbe avuto una relazione con la Vesco e l’avrebbe uccisa nel 2015. Il corpo di Ruxandra sarebbe poi stato gettato da Monte Pellegrino e ritrovato, nell’agosto del 2020, in via Monte Ercta, proprio nel luogo indicato dall’unico imputato. Ruxandra Vesco, all’epoca della morte, aveva 38 anni e non era certamente uno stinco di santa. Aveva infatti a suo carico diverse decine di denunce per truffe ai danni di persone residenti in varie parti d’Italia.

I suoi familiari, il marito che fa l’operaio metalmeccanico e i suoceri, erano quasi del tutto ignari di tali attività. Ne vennero completamente a conoscenza dopo che la donna, allontanatisi sempre più sovente da casa per un ‘ipotetico’ lavoro in uno studio tecnico e relative trasferte a Roma, e le sue vittime cominciarono a bussare alla porta di casa per farsi risarcire. Dopo la confessione e il ritrovamento dei resti della vittima, Damiano Torrente decise di ritrattare tutto.  Per la difesa, sostenuta dagli avvocati Alessandro Musso e Alessandra Fazio, sarebbe ancora da dimostrare che il pescatore e la donna si conoscessero veramente mentre una perizia psichiatrica depositata parla di disturbi della personalità e di ossessioni narcisistiche.

Durante l’interrogatorio spontaneo però l’imputato si sarebbe gettato la zappa sui piedi quando descrisse prima un tatuaggio, per poi definirlo una sua invenzione, che Ruxandra Vesco aveva su una parte del corpo molto nascosta. Quel tatuaggio effettivamente c’era e in pochi avrebbero potuto saperlo. Che il la vicenda processuale sia abbastanza complessa lo dice anche il fatto che mai, dal dibattimento, sia venuto fuori un movente. Torrente, in più di due anni, ha raccontato tante storie, molte delle quali, dai riscontri, non sono risultate vere.

Come quando si era accusato di ben 11 omicidi. A tali confessioni, però, non è mai stato trovato riscontro. Martedì 17 gennaio l’ultimo atto del processo con l’udienza che, prima della sentenza, darà spazio alla probabile replica dei pm. Atteso anche il verdetto per le parti civili, l’ex marito della vittima e il figlio ancora minorenne. Arriverà quindi la prima verità processuale sull’uccisione di Ruxandra Vesco additata, da un’apposita pagina facebook ancora raggiungibile, come ‘Truffatrice ad Alcamo’.