Nuova Iside, avvocati provano a demolire le basi delle indagini. Dubbi su meteo e radar

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le tre vittime del naufragio

La difesa tenta di demolire le fondamenta delle indagini che hanno portato all’apertura del processo per il naufragio del Nuova Iside, il peschereccio di Terrasini inabissatosi nel maggio del 2020 a seguito – secondo la Procura – della collisione con la petroliera Vulcanello. Gli avvocati degli imputati Gioacchino Costagliola e Giuseppe Caratozzolo, finiti sotto processo insieme a Mihai Jorascu, nel frattempo deceduto, – tutti componenti dell’equipaggio della petroliera della compagnia Augusta Due – hanno effettuato il loro controinterrogatorio al comandante della capitaneria di porto Daniele Vuturo, colui che ha sviluppato i principali atti d’indagine sulla tragica vicenda. Sarebbe così emerso che le condizioni meteorologiche, fondamentali per ricostruire la rotta del Nuova Iside, erano in realtà differenti rispetto a quelle riportate fino ad ora.

Molti i dubbi sollevati anche in relazione all’individuazione sul radar della Vulcanello del simbolo, ritenuto dalla Procura rappresentativo del Nuova Iside che, oltre a comparire solo in prossimità della petroliera, scomparirebbe a più riprese dallo stesso radar. Infine sarebbe stata smentita la circostanza che tra le 22.38 e le 23.02 del 12 maggio 2020, orario presunto della collisione, sulla plancia della Vulcanello non fosse presente alcun ufficiale. “In quell’arco temporale, a fronte di un dispositivo di pilota semi-automatico – è stato evidenziato dai legali degli imputati – la petroliera ha effettuato più accostate, che necessitano di un intervento manuale”.

Di tutt’altro tenore, ovviamente, la tesi della parte civile: “Ci sono dati scientifici incontrovertibili – ha detto l’avvocato Cinzia Pecoraro – che supportano la tesi accusatoria. E dalle immagini dei radar si vede chiaramente la collisione”. A perdere la vita quel tragico 12 maggio di due anni fa furono Vito, Matteo e Giuseppe Lo Iacono. Una collisione che venne poi ricostruita nel corso delle indagini grazie alla scatola nera e a varie indagini info-tecniche. All’epoca furono anche necessarie settimane di ricerche della guardia costiera per recuperare i corpi dei membri dell’equipaggio e per individuare, con l’ausilio dei mezzi della marina militare, il relitto della nave. Il cadavere di uno dei tre pescatori terrasinesi, Vito Lo Iacono, venne addirittura ritrovato in Calabria, nei pressi della spiaggia di san Ferdinando.

Fra l’altro ai tre naufraghi, secondo quanto emerso nel corso delle indagini, e questa è certamente la cosa umanamente più grave, non fu mai prestato alcun soccorso nonostante l’equipaggio della Vulcanello sapesse effettivamente della collisione.