Messina Denaro, restano in carcere Rosalia e la maestra Bonafede. Riesame rigetta istanze

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“Specifiche ed allarmanti modalità della condotta”: questa una delle frasi riportate nelle motivazioni del provvedimento con il quale il Tribunale del Riesame di Palermo ha rigettato la richiesta di scarcerazione nei confronti di Rosalia Messina Denaro, la sorella del boss arrestata lo scorso marzo a Castelvetrano per associazione mafiosa.

Rosalia non ha costituito per Cosa Nostra un semplice rimpiazzo o una fiancheggiatrice occasionale, ma il suo ruolo era molto più strutturato ed importante: gli elementi raccolti nel corso delle indagini hanno fatto emergere – secondo il tribunale – “l’effettivo contributo prestato in modo convinto e consapevole dall’indagata all’interno dell’associazione, veicolando informazioni, eseguendo direttive del capo e gestendo la cassa comune.

Il tutto, come preziosa e fedele esecutrice di direttive del capomafia latitante ed agendo anche nella piena conoscenza di argomenti, questioni, nomi in codice e segnali”. Era stato proprio in quella sua casa di Via Alberto Mario a Castelvetrano che i carabinieri del Ros, impegnati a piazzare le microspie, avevano scoperto lo scorso 6 dicembre la presenza di un interessante appunto sulle condizioni di salute del fratello Matteo, nascosto nell’intercapedine di una sedia, al secondo piano dell’appartamento.

Fu proprio quel biglietto, infatti, insieme a tanti altri, recuperati nell’asse da stiro e nella casa di campagna della donna in contrada Strasatti, a condurre all’arresto del fratello lo scorso 16 gennaio. Con un simile registro i giudici del Riesame hanno rigettato l’istanza di scarcerazione presentata dai legali di Laura Bonafede, la maestra elementare di Castelvetrano e figlia del capomafia di Campobello di Mazara, arrestata il 13 aprile scorso.

La donna è accusata di aver consentito al boss, come si legge nell’ordinanza, “una prolungata assistenza finalizzata al soddisfacimento delle sue primarie esigenze personali, di non essere localizzato e catturato dalle forze dell’ordine e di non essere, quindi, sottoposto alle pene per le quali è stato condannato”.