Libero Grassi, 32 anni dall’omicidio di chi sfidò davvero Cosa Nostra

0
148

Talvolta c’è il rischio che le nuove generazioni non conoscano più personaggi e storie che hanno contraddistinto il progresso della nostra terra. Per questo gli anniversari servono a rinfrescare la memoria, a divulgare la conoscenza di persone che davvero hanno combattuto la mafia, fino a a lasciarsi la vita. Insomma qualcuno che l’antimafia l’ha fatta davvero e per niente in versione ‘parolaia’. E’ il caso di Libero Grassi, imprenditore palermitano, di cui oggi si celebra il 32esimo anniversario dell’omicidio.

Stamattina alle 7.45, la cerimonia in via Alfieri, luogo dell’assassinio, con l’affissione di un manifesto che rievoca le condizioni in cui maturò l’uccisione e su cui c’è scritto: “si ribellò al racket e fu lasciato solo”. Quella mattina di 32 anni fa Libero Grassi, venne ucciso da un commando mafioso a colpi di pistola mentre si stava recando nella sua fabbrica tessile. Si era rifiutato di pagare il pizzo e aveva manifestato pubblicamente la sua scelta. Anche con una lettera sul Giornale di Sicilia in cui aveva espresso il rifiuto di cedere ai ricatti di Cosa nostra. Qualche mese dopo quell’omicidio venne emanata la legge che istituì il fondo di solidarietà per le vittime di estorsione e di usura. La sua testimonianza venne poi portata avanti dalla moglie Pina Maisano, scomparsa nel 2016, che si è messa a capo della rivolta contro il pizzo.

In occasione del trentaduesimo anniversario della morte di Libero Grassi, l’associazione Addio pizzo e la famiglia dell’imprenditore hanno promosso una giornata di iniziative. “Progressi nella lotta al ‘pizzo’ sono la prova che il sangue di Libero Grassi, che aveva osato sfidare un sistema fatto di omertà e accettazione dell’illegalità, – ha detto Renato Schifani, presidente della regione – non è stato versato invano, 32 anni fa”. “Il suo insegnamento e il suo esempio  continuano a vivere in tutti coloro che lottano ogni giorno, forti del sostegno delle istituzioni, per un’economia libera – ha aggiunto Schifani – dalle intollerabili pressioni di organizzazioni criminali che non hanno, e mai potranno avere, alcun diritto sul frutto del lavoro onesto degli imprenditori”. “Libero Grassi non si può dimenticare, – ha detto invece il prefetto di Palermo, Maria Teresa Cucinotta – perché è stata una figura dirompente per la Palermo di quel periodo. Dopo c’è stata una rivoluzione delle associazioni antiracket, per fortuna. In questo momento le associazioni antiracket ci sono ancora ma troviamo una modifica nel modo di comportarsi degli imprenditori, spesso gli stessi imprenditori vanno a cercare il supporto di certa organizzazione criminale per evitare una concorrenza o per favorire il posizionamento di un negozio in un certo posto e cercare un supporto contro altre situazioni. E questo è triste perché i morti – ha concluso il prefetto di Palermo – non devono essere morti invano”.