E’ oggi la ‘Giornata Mondiale degli Abbracci’, un’iniziativa sociale nata in Australia, a Sidney, nel 2004, detta “Free Hugs”, “Abbracci gratis”. A questo progetto vi parteciparono, e vi partecipano tuttora, persone capaci di offrire un abbraccio mentre tenevano tra le mani cartoncini richiedenti strette gratuite. Taluni, addirittura, travestiti da orsetti. Pare essere una festa semplice questa, tuttavia rappresenta il contrario. Una festa che, a seguito di tre anni dettati da restrizioni e controlli conseguenti alla pandemia da COVID, rimanda la memoria a tutti quegli abbracci virtuali scambiati negli ultimi tempi tramite banali messaggi poiché spaventati di un eventuale contagio, e a quelli di cui si aveva bisogno per affrontare la perdita di un caro. In quel periodo imperversava un senso di isolamento in un mondo pressoché paralizzato. La pandemia ha modificato non solo i modi di vivere, bensì anche i sentimenti umani, ibernandoli quasi del tutto sotto mascherine che coprivano gran parte del viso. E così la gente si è isolata non solo fisicamente, perdendo pure il semplice sapore di quell’abbraccio che si celebra oggi nella giornata mondiale. Per tre anni, infatti, ci si è privati di manifestare affetto, di toccarsi e stringersi forte, lasciandosi coinvolgere da un vortice di solitudine che ancora oggi ripercuote l’anima di tanti, soprattutto dei più fragili e dei più giovani. Finalmente la pandemia è terminata, lo ha decretato anche l’OMS, ragazzi e adulti sono tornati ad abbracciarsi anche per strada per salutarsi, a stringersi al proprio genitore o al nonno o al fratello per manifestare amore o essere consolati. Il mondo e l’essere umano necessitano di sentire il calore di due braccia che sanno accogliere, comprendere. In fondo, che vita sarebbe senza un abbraccio?