Domani 32° anniversario della Strage di Capaci. Così la mafia riuscì a fermare il coraggio di Falcone

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Quella strage di 32 anni fa, con quella devastante esplosione delle 17,57 nei pressi dello svincolo di Capaci, ha segnato, in un’epoca di terrorismo mafioso, lo spirito e la coscienza del nostro Paese. Una tremenda deflagrazione che distrusse un lungo tratto autostradale ed in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie anche lei magistrato Francesca Morvillo, i tre agenti della scorta: Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo. Ben 23 le persone ferite da quell’incredibile scoppio fra cui gli agenti Paolo Capuzza, Angelo Corbo, Gaspare Cervello e l’autista di Falcone, Giuseppe Costanza, che si salvò semplicemente perché il giudice volle mettersi alla guida dell’auto che saltò in aria a Capaci. Erano gli anni delle stragi e delle esecuzioni mafiose, dei maxi processi a Cosa Nostra e delle prime vere condanne. Anni in cui Giovanni Falcone e l’amico e collega Paolo Borsellino, ucciso nel luglio successivo, cambiarono il modo di indagare e iniziarono a capire il linguaggio mafioso, a colpire i patrimoni e le finanze, a mettere in apprensione un mondo, quello della mafia, fino ad allora quasi impenetrabile. Giovanni Falcone aveva trovato la strada per penetrare e distruggere la mafia studiandola. In un suo libero scrisse: “Entrare a far parte della mafia equivale a convertirsi a una religione. Non si cessa mai di essere preti. Né mafiosi.” Giovanni Falcone, di cui domani si celebra il32esimo anniversario della sua uccisione, anche nei momenti più difficili ha affrontato il suo destino con enorme coraggio. Non poteva essere diversamente perché conosceva bene la crudeltà vendicativa del mondo mafioso. Anche quando si è sentito lasciato solo ha ugualmente proseguito ad indagare. Quel pomeriggio del 23 maggio del 1992, il popolo onesto rimase attonito e atterrito. Una strage di inaudita crudeltà con una quantità di tritolo enorme.  Un ricordo indelebile che deve continuare a fare da stella cometa ai siciliani onesti.