“Cemento del Golfo”, Cassazione, in carcere Saracino e i due Badalucco. Devono completare pena

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La condanna in Cassazione è diventata definitiva. Mariano Saracino, Vito e Martino Badalucco, tutti e tre castellammaresi, dovranno ancora scontare altri otto anni e 4 mesi complessivi di carcere nell’ambito dell’operazione ‘Cemento del Golfo’ messa a segno, nel 2016, da carabinieri e DDA. Saracino, 75 anni, ritenuto all’epoca il boss della cittadina del Golfo, già condannato in precedenza per mafia, dovrà scontare altri 4 dei 10 anni complessivi di reclusione.

I due imprenditori Badalucco, padre e figlio di 65 a 41 anni, ritenuti imprenditori compiacenti, dopo la conferma in Cassazione dovranno scontare rispettivamente un anno e 11 mesi il primo, due anni e 4 mesi il secondo. Questo quanto disposto dalla Suprema Corte per gli imputati che avevano scelto il rito ordinario e la cui sentenza di primo grado era stata emessa quattro anni fa.

I tre castellammaresi sono ritenuti responsabili di estorsione aggravata dal metodo mafioso anche se era già caduta in secondo grado l’accusa di appartenere a Cosa nostra. Le indagini dei carabinieri della compagnia di Alcamo erano andate avanti dal 2013 e fino al 2016 sotto il coordinamento della Dda di Palermo. Gli accertamenti condotti all’epoca ricostruirono anche l’organigramma della famiglia mafiosa di Castellammare del Golfo di cui Saracino era il reggente.

Le indagini erano scaturite da un’impennata di attentati incendiari ai danni di imprenditori edili. In pratica la famiglia mafiosa danneggiava i mezzi e i veicoli delle aziende per intimidire e permettere così di pilotare gli appalti soltanto verso alcune ditte ‘amiche’. Centro degli affari la produzione e vendita di cemento, da qui la denominazione dell’operazione ‘Cemento del Golfo’.

I condannati, assieme ad altri, avevano costretto alcuni committenti di lavori edili, con pressioni ed intimidazioni, a rifornirsi di cemento da ditte riconducibili alla famiglia mafiosa. I carabinieri hanno adesso nuovamente arrestato Mariano Saracino, Vito e Martino Badalucco e condotti alla casa circondariale di San Giuliano a Trapani.

Nello stesso processo era stato poi condannato a tre anni di reclusione e 1.050 euro l’imprenditore alcamese Vincenzo Artale, già membro del direttivo dell’Associazione Antiracket e Antiusura Alcamese. Per lui come per gli altri è stata esclusa l’appartenenza alla famiglia mafiosa. Artale è stato invece condannato solo per l’estorsione ai danni dell’imprenditore Miceli, aggravata dall’aver agevolato l’attività di Cosa Nostra. A Mariano Saracino, invece, venne confiscato definitivamente nel 2016 un patrimonio da 50 milioni di euro.