Borsellino, nessun colpevole per il depistaggio del processo? Attese le motivazioni

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A distanza di una settimana dal trentesimo anniversario della strage di Via D’Amelio in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della scorta, è arrivata la sentenza, emessa dal Tribunale di Caltanissetta, sul depistaggio delle indagine a carico dei poliziotti imputati, Mario Bo,  Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo. I tre agenti erano accusati di concorso in calunnia, aggravata dall’aver favorito Cosa Nostra nel processo sul depistaggio delle indagini di Via D’Amelio e, in particolare, per avere gestito la costruzione delle dichiarazioni rese dal falso pentito, Vincenzo Scarantino.

Un dibattimento durato quattro anni e cento udienze, insieme a decine di deposizioni e faldoni di migliaia di pagine sono servite oggi, a “salvare” i tre agenti dalla condanna: per i primi due, Bo e Mattei è scattata la prescrizione e caduta l’aggravante di mafia, mentre il terzo, Michele Ribaudo è stato assolto “perché il fatto non costituisce reato”.  Secondo la Procura, gli imputati, che appartenevano al pool incaricato di indagare sulle stragi di Capaci e Via D’Amelio, coordinati dal deceduto Arnaldo La Barbera, avrebbero “modellato a tavolino” i falsi pentiti Vincenzo Scarantino, Salvatore Candura e Francesco Andriotta, costringendoli a mentire e ad accusare della strage altri innocenti, estranei ai fatti.

Un piano ben architettato che avrebbe coperto e aiutato per anni il clan dei mafiosi di Brancaccio e dei fratelli Graviano (da qui, l’aggravante per aver favorito le alleanze strategiche della mafia). Quindi? Nessun colpevole? Si aspetteranno certamente le motivazioni della sentenza per comprenderne meglio il dispositivo, ma ciò non toglie che si tratta di una vicenda che, ancora a distanza di trent’anni, non chiude il cerchio e non restituisce la verità ai familiari del giudice, i figli Manfredi, Fiammetta e Lucia, e all’Italia intera.