Alcamo-Omicidio Coraci, il pm chiede l’ergastolo per i fratelli Gatto

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Si è aperta con un colpo di scena l’udienza in programma stamane a Trapani per l’omicidio dell’alcamese Enrico Coraci (nella foto), avvenuto nel novembre del 2015 al villaggio regionale. Stamane era in programma l’intervento degli avvocati di parte civile. Ma prima che questi prendessero la parola è intervenuto nuovamente il pubblico ministero che ha riformulato la richiesta di condanna chiedendo la pena dell’ergastolo nei confronti dei fratelli Francesco e Vincenzo Gatto. Lo scorso 21 dicembre il pm aveva chiesto 30 anni, ora alla luce di ulteriori approfondimenti della vicenda ha formulato la richiesta per la condanna a vita dei due giovani fratelli, alla sbarra per l’omicidio. Hanno quindi preso la parola per le parti civili, ovvero i genitori di Enrico Coraci e delle due sorelle, gli avvocati Bruno Vivona, Sebastiano Dara e Antonino Vallone, che hanno ricostruito le fasi che portarono all’omicidio. La famiglia di Nino Coraci, specializzata nel settore dei negozi di abbigliamento è nota in città e il delitto di Enrico suscitò grande scalpore. Nino Coraci, responsabile della Confcommercio da decenni è in prima linea a sostegno delle attività dei negozianti. La nuova udienza, rito abbreviato, è stata fissata per il prossimo nove febbraio quando parleranno i difensori dei fratelli Gatto ed non si esclude che subito dopo il gup stabilisca un nuovo rinvio per eventuali repliche e per la sentenza. Tutto ebbe inizio davanti ad una panineria “Fame Chimica”, che si trovava in piazza della Repubblica. I carabinieri accertarono che scoppiò una lite tra Enrico Coraci e Francesco Gatto davanti alla panineria. Poi sarebbe intervenuto Vincenzo Gatto e ci sarebbe stata una sorta di riappacificazione. Quindi l’appuntamento al Villaggio regionale, e l’agguato risultato mortale. Scattarono le indagini dei carabinieri di Alcamo che portarono all’arresto e all’incriminazione dei fratelli Gatto accusati dell’omicidio di Enrico Coraci con l’aggravante della premeditazione e porto abusivo di un fucile.