Tre miliardi in meno alla Sicilia, ANCE: “si rischia l’isolamento infrastrutturale”

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Tre miliardi sottratti alla Sicilia tra tagli, definanziamenti e fondi dirottati altrove. Una doccia fredda per l’intera isola, e a pagare il prezzo più alto sono proprio i territori già penalizzati da collegamenti fragili, strade dissestate e una cronica assenza di investimenti. A lanciare l’allarme è Salvo Russo, presidente della sezione siciliana dell’associazione nazionale costruttori edili,  che denuncia come il taglio del 70% dei fondi per Province e Comuni – circa 800 milioni di euro che andranno a favore di opere in Liguria e Veneto – vada a colpire duramente la rete viaria secondaria, lasciando fuori anche gli interventi di messa in sicurezza e rigenerazione urbana, fondamentali in un’area come quella trapanese, dove interi paesi sono collegati da arterie precarie e spesso interrotte. “Parliamo di 14mila km di viabilità interna abbandonata dal 2014 – ricorda Russo – e proprio adesso che la Regione aveva ricostituito le governance provinciali, lo Stato taglia i fondi”. Una contraddizione che pesa doppiamente in zone che già da tempo soffrono l’isolamento infrastrutturale, dove i cantieri si fermano e intere comunità  convivono con il rischio di essere tagliate fuori. Non va meglio sul fronte ferroviario. Due lotti cruciali della Palermo-Catania – fulcro della mobilità siciliana – sono stati esclusi dal PNRR.

“Definanziare le ferrovie siciliane significa, oltre che togliere mobilità ai cittadini, anche bloccare l’export dal Sud e costringere le imprese a far partire le merci dai porti del Nord”. E ciò coinvolge direttamente il porto di Trapani, già oggi poco sfruttato per mancanza di infrastrutture adeguate. L’intero assetto produttivo ne risente: dall’agroalimentare alle imprese vitivinicole dell’entroterra, fino all’industria del marmo di Custonaci, tutti comparti che dipendono da una rete logistica funzionante. Infine, anche l’emergenza idrica torna a pesare come una zavorra. “Senza acqua non si lavora -ammonisce Russo- non si costruisce, non si produce”. Un monito che risuona con forza in un territorio da anni alle prese con razionamenti e dispersioni.  “Speravamo in un cambio di passo -conclude Russo – invece ci svegliamo con tre miliardi in meno e un Sud sempre più fragile. È ora che la politica siciliana, unita, alzi la voce”.