‘Operazione Palude’, 8 anni all’alcamese Giuseppe Pirrello

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I giudici del tribunale di Trapani, presidente Enzo Agate, hanno emesso ieri pomeriggio la sentenza per l’operazione “Palude” del novembre 2018, che ha visto tra gli imputati l’alcamese Giuseppe Pirrello. Questi all’epoca dei fatti era ingegnere capo del Genio civile di Trapani al quale i giudici hanno inflitto otto anni confermando la richiesta del pubblico ministero. Una sentenza che ha in alcuni casi ribaltato le richieste formulate dal Pm con aumento di pena di sei mesi portata quindi a sette anni per il figlio di Pirrello, Onofrio.

Una sentenza per la quale i difensori dei condannati dopo aver letto motivazioni presenteranno appello. Per Giuseppe Pirrello otto anni di reclusione, la confisca 4 mila e 250 euro, l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, e l’incapacità in perpetuo di contrattare in perpetuo con pubbliche amministrazioni. Stessa pena accessoria al figlio Onofrio e al cugino Francesco Pirrello. La pena più alta inflitta ieri dai giudici del Tribunale di Trapani, all’ex capo del Genio civile, Giuseppe Pirrello, alcamese di 62 anni oggi in servizio presso la Regione. Ricopre la carica di dirigente dei servizi di ingegneria regionali per gli enti delle province di Palermo, Caltanissetta, Agrigento e Trapani. I giudici hanno confermato la richiesta del pubblico ministero. Sette anni inflitti al figlio Onofrio, che all’epoca dei fatti aveva uno studio tecnico in una traversa del Corso VI Aprile.  Sei anni a Francesco Pirrello, cugino di Giuseppe, imprenditore agricolo. Quattro anni e mezzo ad Antonino Colletta. Uguale pena per il geometra Giuseppe Pipitone. Per entrambi il PM aveva chiesto l’assoluzione. Sette anni ad Ignazio Messana, architetto.

Assolti l’architetto Vincenzo Coppola, Giuseppe Maiorana, Giuseppe Paglino geometra , Vincenzo Paglino, imprenditore e  Vito Emilio Bambina perché il fatto non sussiste.  Sono quasi tutti tecnici noti in città che frequentavano lo studio di Onofrio Pirrello dove gli inquirenti piazzarono cimici e telecamere. Attraverso tale studio tecnico numerosi professionisti secondo le indagini   avrebbero goduto di corsie preferenziali e quindi accelerazione nel disbrigo di pratiche presso il Genio civile di Trapani. L’impianto accusatorio della Procura si è basato sulle indagini portate avanti dalla Guardia di Finanza di Alcamo, partite nel 2016 durante controlli sulle forniture di acqua con autobotti da pozzi privati. Secondo le indagini numerose pratiche prima di passare al vaglio del Genio civile sarebbero state esaminate nello studio del figlio di Pirrello per cercare di aiutare clienti che si rivolgevano a tecnici in prevalenza alcamesi. Da qui un serie di presunti atti contrari ai suoi doveri d’ufficio che sarebbero stati compiuti dall’ex capo del Genio civile. Accuse di corruzione che ha sempre respinto e nella penultima udienza ha chiesto la parola soffermandosi in particolare “sul fatto che ha sempre rispettato la legge”.  Il professionista è difeso dall’avvocato Saro Lauria che ha preannunciato appello. Ha dovuto rispondere davanti ai giudici di corruzione e falso ideologico. Decisive per le indagini le intercettazioni telefoniche.