Operazione anti truffa in tutta Italia, indagini raggiungono società con sede ad Alcamo

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Reati fallimentari e tributari, riciclaggio dei proventi, fatture per servizi mai prestati. Ha raggiunto anche Alcamo la vasta operazione messa a segno dalla Guardia di Finanza di Bologna e che ha riguardato quasi l’intera nazione. Le Fiamme Gialle hanno fatto luce su una consorteria criminale, definita  “banda del buco”, composta da bancarottieri “seriali” e impegnata nella continua acquisizione di società in crisi ma dotate di apprezzabili asset, da potere depredare e condurre al fallimento.

Ad Alcamo è finita nelle indagini una società dedita all’edilizia e a tanti altri servizi che, secondo l’accusa, avrebbe fatto da ‘cartiera’, vale a dire avrebbe emesso fatture per due milioni di euro per servizi mai effettivamente prestati in favore, soprattutto, di supermercati. Arresto e obbligo di dimora per i due toscani, titolari della società che ha la sede nel territorio alcamese. Un’operazione vastissima che ha riguardato le province di Arezzo, centrale operativa degli illeciti, Ancona, Barletta, Bologna, Brescia, Crotone, Foggia, Lucca, Milano, Monza e Brianza, Napoli, Parma, Pavia, Prato, Reggio Emilia, Roma, Torino, Treviso, Udine, Venezia, Verona e Trapani appunto, per l’esattezza Alcamo.

Sequestrati beni “per equivalente” per oltre 32 milioni di euro, emesse 25 misure cautelari (tra cui 15 arresti) e altre sette persone denunciate. Gli accertamenti del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Bologna hanno permesso di appurare come l’organizzazione, una volta subentrata alla guida, nel 2020, di un gruppo societario dell’hinterland bolognese operante nei settori della dermo-cosmesi e della grande distribuzione abbia effettuato vere e proprie operazioni di “sciacallaggio” ai danni di alcune società causandone dolosamente il dissesto finanziario.

Tra le principali operazioni contestate, figurano la distrazione di 25 punti vendita, trasferiti, nell’imminenza del fallimento, a nuove società riconducibili all’associazione pregiudicando, fra l’altro, la riscossione coattiva da parte dell’Erario per oltre tre milioni di euro di tributi. Gli ingenti proventi illecitamente accumulati venivano re-investiti in nuove iniziative imprenditoriali oppure trasferiti – per la loro successiva “ripulitura” – a società italiane ed estere compiacenti sulla base di fatture false emesse ad hoc, come quelle della società con sede ad Alcamo.