L’operazione “Dirty Mud”, condotta dalla Guardia Costiera di Porto Empedocle e coordinata dalla Procura di Agrigento, ha scoperchiato l’ennesimo caso di mala gestione ambientale, stavolta legato ai fanghi di dragaggio del porto di Trapani. Le indagini, avviate nel settembre 2024, hanno rivelato che i fanghi, classificati come rifiuti speciali, venivano trasportati a Porto Empedocle senza alcun trattamento, come invece previsto dal contratto. L’impianto mobile di lavaggio, installato sul molo di levante, era poco più di una scenografia: ufficialmente in funzione, ma nei fatti inattivo. I fanghi finivano così in un’area demaniale trasformata in discarica abusiva. L’appalto, da 59 milioni di euro, prevedeva chiaramente un trattamento tramite “sediment washing” prima dello smaltimento, ma la procedura è stata sistematicamente aggirata. Il risultato? Sequestri, denunce per frode e gestione illecita di rifiuti, e l’ennesima ferita ambientale ancora tutta da sanare.
La deputata del movimento 5 stelle Cristina Ciminnisi accusa il governo regionale di silenzio su possibili sversamenti a mare al largo di Cornino. E intanto la comunità si chiede a cosa valgano le campagne di sensibilizzazione sull’ecologia rivolte ai cittadini quando un appalto pubblico di tale portata riesce a sfuggire a ogni controllo effettivo. Dov’erano gli organi di vigilanza mentre l’impianto restava fermo e i fanghi prendevano la via più semplice – e illegale – verso la discarica? Le associazioni ambientaliste chiedono ora un monitoraggio indipendente e il coinvolgimento delle comunità locali nei processi decisionali. Intanto, l’area di Caos, a pochi chilometri dalla Valle dei Templi, rischia di diventare un simbolo del degrado ambientale e dell’inefficienza amministrativa.