Nessun reato di scambio elettorale politico-mafioso a carico del sindaco di Camporeale Luigi Cino. C’è il difetto di prova così come stabilito nell’ordinanza che ha portato agli arresti di sei persone per mafia e altri reati, dal Gip, Lirio Conti. L’operazione ha interessato oltre che Camporeale, anche i comuni di San Giuseppe Jato, San Cipirello e Partinico. Per il GIP, si legge nell’ordinanza, “non è certa la consapevolezza da parte del Sindaco Luigi Cino, della mafiosità dei fratelli Giuseppe e Pietro Bologna. Né è imputabile per corruzione elettorale perché il sostegno, non è stato richiesto con modalità violente e perché le relative intercettazioni non sono utilizzabili. Il sindaco di Camporeale, è chiamato dunque a rispondere soltanto di presunto falso in atto pubblico”. Il falso è quello delle attestazioni sottoscritte sulla effettiva presenza dei due fratelli nei servizi di pubblica utilità previsti per la cosiddetta ‘messa in prova’. Per la stessa vicenda è anche indagato Salvatore Lucido, referente dell’ufficio cimiteriale del comune. Dalle carte dell’inchiesta, emergono comunque altri presunti contatti del sindaco Cino con ambienti mafiosi del territorio. Ad esempio le sollecitazioni ricevute da parte della moglie di Antonino Sciortino, il 62enne ritenuto il capo della cosca locale, per accelerare l’apertura di una Partita Iva intestata ad un allevatore di San Cipirello, figlio di un condannato per mafia, detenuto nella stessa cella di Sciortino, nel carcere di Saluzzo. Il gip ha anche evidenziato che “dall’indagine è emersa però una riconosciuta disponibilità da parte del sindaco Cino a soddisfare le esigenze e gli interessi di soggetti contigui se non addirittura interni a Cosa Nostra”.