Cutrara. Per Rizzo ‘calvario’ davvero finito. Procura non ricorre in Cassazione

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Dopo l’assoluzione anche in appello, con una sorta di ‘copia e incolla’ rispetto alla sentenza di primo grado, l’ex sindaco di Castellammare del Golfo, Nicola Rizzo, aveva parlato di fine di un calvario. Il calvario, però, ad onor del vero si è definitivamente concluso un paio di giorni fa quando la procura non ha impugnato il verdetto di appello e non ricorrerà in Cassazione. Nicola Rizzo, adesso consigliere comunale, resta quindi una persona incensurata e senza alcun coinvolgimento nell’operazione ‘Cutrara’. Era stato accusato di favoreggiamento aggravato ma il reato non è stato rilevato ne in primo grado e nemmeno in secondo: ‘il fatto non sussiste’, quindi assoluzione con formula piena. L’appello in abbreviato aveva decretato altre due assoluzioni, quelle per Salvatore Mercadante e Gaspare Maurizio Mulè che erano stati condannati rispettivamente a quasi 15 anni e a quattro anni. Ridotte le pene in appello per quasi tutti gli imputati che avevano optato per il processo in abbreviato scaturito dall’operazione antimafia ‘Cutrara’.

Unica conferma della condanna, nella sentenza del febbraio scorso,  per Francesco Virga, figlio del boss di Trapani, Vincenzo. Ridotte le pene invece per Camillo Domingo, Francesco Stabile, Antonino Sabella e Daniele La Sala. I legali di quasi tutti i condannati e anche la Procura hanno deciso adesso di ricorrere in Cassazione. In secondo grado l’impianto accusatorio ha tutto sommato retto ma le pene alla mafia castellammarese furono già in primo grado notevolmente ridotte rispetto alle richieste che erano state avanzate dal procuratore aggiunto Paolo Guido e dai sostituti procuratori Gianluca De Leo e Francesca Dessì. Per l’ex primo cittadino Nicola Rizzo erano stati addirittura chiesti due anni di reclusione per favoreggiamento aggravato. Per lui arrivò per la seconda volta, l’assoluzione piena. Le indagini erano state avviate dai carabinieri dopo la scarcerazione del capomafia Francesco Domingo,  detto Tempesta, processato separatamente con il rito ordinario e poi condannato. Venne ricostruito l’organigramma della famiglia mafiosa castellammarese che, come emerso dall’inchiesta, sarebbe stata guidata da ‘Tempesta’ appena uscito di cella. In realtà, secondo gli inquirenti, Domingo non avrebbe mai lasciato il comando nonostante fosse detenuto. Il clan controllava le attività economiche, in particolare dei settori agricolo ed edilizio. Attraverso minacce e intimidazioni i boss sarebbero riusciti ad aggiudicarsi lavori e avrebbero svolto un ruolo di mediazione e risoluzione delle controversie tra privati sostituendosi alle istituzioni. Lo stesso Francesco Domingo era il terminale locale dei rapporti con la famiglia mafiosa d’oltre Oceano, quella dei Bonanno.